Il pane di Montecalvo: 2000 anni di
gusto
Quando si parla di
pane,si commette sempre un errore !
Il pane si gusta, si apprezza, si accompagna,si intinge,si
cosparge, si affetta, si morde, si riscalda,si abbrustolisce, si
cuoce, si frigge………., certamente non si legge !
Ma allora perché questo scritto, perché altre inutili frasi che
non potranno mai rappresentare l’inebrianza dell’olfatto e la
goduria del gusto ?
Le risposte come sempre,hanno qualcosa di alchemico o per rimanere
in tema di lievitico.
I primi uomini scrissero di animali, di caccia e di
cibo,dipingendo le caverne del consumato pasto,nella vigoria della
sazietà.
Poi col tempo si è perso il gusto del normale,della semplicità e
delle povere cose,ricche,però, del sapore e del calore del sole.
Da poco tempo si assiste ad una riscoperta del gusto e della
tradizione,fatto apprezzabile ed encomiabile.
Vedo il tutto con natural diffidenza,con la convinzione che si
stia industrializzando quello che per decenni è stato il feudo di
quattro illusi romantici ,che paghi ed esaltati da tale condizione
di emarginazione,hanno saputo conservare le ricette originali del
sapere e del sapore della vita.
Su come si fa il pane ,e sul perché vi siano tanti formati e
gusti, lo si deve alla sana biodiversità alimentare del genere
umano.
Nel prosieguo di questa chiacchierata tra amici,si parlerà di
sistemi di lavorazione,di dati e di segreti,con quella
spensieratezza che ci proviene dall’essere coscienti e
fatalisti,testardi e contestatori, stoici nell’impegno ed epicurei
nel gioco della vita .
Sulla bontà e sulla qualità del pane di Montecalvo, vantiamo
trascorsi storici secolari,tanto che ancor oggi Montecalvo è
conosciuta più per il suo pane che per il Santo che vi ha visto i
natali,per la Madonna miracolosa,per i castelli e i panorami,per i
tanti personaggi illustri.
Ben ci stà !
Il tutto non mi meraviglia più di tanto specie nell’epoca della
decadenza dei costumi e nella ricercatezza dell’ostentato
benessere , dove si ritrovano le situazioni di 2000 anni fa ,di
una Roma sazia e ingorda ,superficiale e prepotente,raffinata e
lasciva.
A 7 secoli dalla fondazione di Roma,questa parte del mondo era
considerata strategicamente importante,per la presenza delle
grandi arterie stradali e per i grandi ingegni che vi erano nati e
cresciuti.
Son questi gli anni di Virgilio,di Asinio Pollione,di Mecenate,del
Grande Cicerone,di Catone il Censore,del sommo Orazio e del poeta
amico di Catullo ,C:LICINIO CALVO.
In politica sono gli anni di CELIO RUFO e di S. SULPICIO RUFO,noti
alla nostra terra.
Ma è di Q. Orazio Flacco che vo a parlare,di quelle Satire,la cui
invenzione si dà a Lucilio e che rappresentano il nuovo e il
clamoroso dell’arte poetica,anticipando la cronaca e la novella.
Roma è il mondo,e cerca di conoscerlo meglio per meglio gestirlo e
soggiogarlo,il termine Pax Romana sembra uscito più da un
documento di partito o dalle noticine del manuale Cencelli,che non
dalla storia antica.
Ecco il successo delle Satire,uno spaccato crudo e realistico del
mondo,con la rappresentazione della quotidianità,negli aspetti più
curiosi,con l’intento di fornire notizie e suggerimenti
geografici,storici,turistici e gastronomici,insomma una Guida
Turistica di grosso livello intellettuale e con una naturale
propensione al gossip nei confronti dei Vip del tempo.
E’ la V satira che a noi interessa,perché parla del nostro
territorio,della nostra gente e delle tante situazioni che non
sono mai cambiate.
“lasciata Benevento con le vicissitudini legate al fuoco di una
locanda,che stava per incendiarsi per il troppo fervore del fuoco
della cucina,la preoccupazione di salvare prima la cena e poi la
locanda da parte di un oste ,un po’ avaro nelle vivande,ma molto
premuroso.
Da Benevento,incominciano ad intravedersi le montagne dell’Apulia
(Puglia)note al poeta,inaridite dall’Atabulus (vento caldo
proveniente dal tavoliere- a Tabulo-dal tavolo-dal tavoliere).
Persisi per strada,per un territorio selvaggio e boscoso,trovano
rifugio in una villa nei pressi di Trivici *(Senza nulla togliere
alla particolare importanza storica di Trevico,va comunque fatto
un ragionamento pratico: tres Vicum = Trivìo Tres Vicum= luogo di
confine di 3 villaggi.Se si considera che gli insediamenti romani
venivano realizzati in pianura e lungo le strade di
collegamento,il discorso prende una piega diversa. La presenza di
un particolare ma significativo toponimo nella zona,apre nuove
ipotesi sulla vicenda satirica,si può pensare alla località TRE
TORRI, dove confluiscono,ancor oggi tre importanti arterie
stradali,e dove ricadono i confini amministrativi di 3 entità
comunali ,rappresentate forse,da un edificio con 3 torri di
guardia o…..). Nell’ ambiente fumoso e lacrimevole di questa villa
,il poeta viene beffato dalle promesse lussuriose di una
ragazza,bugiarda,che gli dà buca,ma che riaccende i desideri
umorali di fanciullo….
Con una carrozza,percorrendo circa venti miglia (romane)il nostro
poeta,con la sua compagnia fa sosta in un piccolo centro(oppidulo-fortificato),che
non si può dire in verso,ma che è facilissimo indicare con un
segno(gesto)*
*la
cittadina misteriosa è stata individuata a seconda dei
desideri,nell’una come nell’altra cittadina di origine, del
critico o storico del momento.
Un dato risulta incontrovertibile,il nome non può essere
verseggiato!
Forse il nome della località era sconcio?
Chi legge i versi di Orazio,sa che la schiettezza e la verità, non
gli difettavano certamente.
Allora questa località(oppidulo)con evidenti fortificazioni,và
sicuramente ricondotta ad una cittadina di epoca pre-romana,sicuramente
sannitica e sicuramente in decadenza.(le città fondate dai romani
erano prive di fortificazioni).
Gli scoliasti,per primi,esercitando la propria naturale
inclinazione all’accademismo o meglio,alla didattica,individuarono
in AEQUUM TUTICUM,la cittadina nei cui pressi si fermò il
poeta,significando ,forse il termine tuticum(fortificato)ben
assimilabile al concetto di oppidulus.
Ma il problema rimane, sul perché questa cittadina non poteva
essere nominata!
Quali situazioni,quali fatti e quali condizioni socio-politiche
potevano irretire la sciolta e pungente rima di Orazio!
Allora vien fora un altro pensiero,che come tutti gli altri non ha
un riscontro oggettivo,ma che ha un suo fondamento.
Il nostro poeta raggiunse veramente la cittadina di Aequuum
Tuticum,ma se ne tenne lontano per chi sa quali motivi,e forse
trovò ristoro in una delle stazioni di sosta più importanti della
futura via Traiana,già presente lungo l’asse viario più agevole e
meno erto per lo scollinamento verso il tavoliere.
Stiamo parlando della Taverna(taverna del Duca) alla C/da Malvizza
di Montecalvo(Mala-Avis non idonea agli uccelli-ben
rappresentabile con un semplice gesto della mano –chiaro
riferimento di impotentia sessuale) a qualche centinaio di metri
dal Santuario dedicato alla Dea Mefite(bolle della Malvizza)e a
sole 2 miglia da Aequum tuticum,ben visibile dall’altopiano e
raggiungibile solo con questa strada millenaria usata dalle genti
italiche per la transumanza,fino al secolo scorso(Regio Tratturo
Pescasseroli- Candela).
La presenza di numeroso materiale archeologico e votivo,la
presenza oltreché della Taverna,di una estesa villa rustica
romana,la straordinaria vicinanza delle Puglie,fanno di questa
zona,una delle preferite e più agevoli e brevi per raggiungere il
tavoliere.
Ancora, il poeta lamenta la penuria d’acqua che viene pagata,anche
se,ironicamente,dice, costa poco,ma di una cosa il Sommo Orazio è
entusiasta
,sed panis longe pulcherrimus,ultra callidus ut soleat umeris
portare viator.
Il pane di questa zona risulta il migliore del mondo perché
pulcherrimus et callidus,tanto che l’accorto viaggiatore,suole
portarsene una scorta per il viaggio,ricordando che in altre
località,sarà pur vero che l’acqua non si paga,ma il pane è duro
come la pietra!.
( La malvizza è notoriamente zona arida e priva di sorgenti,la
poca acqua presente risulta non potabile e di cattivo odore per la
presenza delle argille mofetiche,ricche di metano).
La storia continua,ma il pane rimane gustoso e famoso,pur nel
medio evo e nel rinascimento.
Il
recente Convegno sul Pane di Montecalvo,tenutosi il 21 Novembre
2004,con la partecipazione e il patrocinio della Regione
Campania,della provincia di Avellino,della Comunità Montana dell’Ufita,di
eminenti rappresentanti del potere Politico e
Istituzionale(Presidente sen. Nicola Mancino),ha riaffermato il
diritto sacrosanto ad un riconoscimento speciale per il nostro
Pane,specie per i trascorsi storici ,ben evidenziati dai
qualificanti interventi dei prof.Benigno Casale dell’Università di
Palermo e Giovanni Cavalletti,storico della cultura montecalvese,che
con una relazione precisa e documentata ha ripercorso la storia
del pane di Montecalvo dal xv al xx secolo.
La battaglia del Pane,per il riconoscimento della tipicità del
prodotto principe di Montecalvo,si è svolta per circa un
ventennio.
E’ doveroso ricordare la instancabile penna del giornalista Mario
Aucelli,che per anni, dalle pagine del Mattino ha
illustrato,difeso e propagandato il nostro prezioso prodotto.
E ancora il prof. Alfonso de Cristofaro,alfiere della cultura
gastronomica montecalvese.
Non va trascurato l’impegno dei Sindaci e delle rispettive Giunte
per gli atti e le iniziative a sostegno del Pane di Montecalvo,per
il suo sviluppo in termini di produttività e tutela.
Speciale menzione va fatta al Sindaco Alfonso Caccese e al Vice
sindaco del tempo Antonella Panzone,che in prima fila e con
l’aiuto dello scrivente ha conseguito il traguardo ambito
dell’inserimento del PANE DI MONTECALVO tra i prodotti
agroalimentari tradizionali-D.M. 18/7/2000-Ministero delle
Politiche Agricole e Forestali.
Un ringraziamento va dato all’attuale Sindaco Giancarlo Di Rubbo,sensibile
alle tematiche dello sviluppo economico legato al prodotto pane e
derivati,sorretto e spronato dall’azione incessante dei nuovi
assessori allo sviluppo e all’agricoltura Serafino e Russolillo.
Quali traguardi per il Pane di Montecalvo?
-Ottenimento della DOP;
-Deregulation ai limiti di panificazione previsti dalla Camera di
Commercio;
-Nuovo regolamento provinciale di attuazione della legge
1002/56,con la previsione
di speciali regole per il pane tradizionale,tipico e con DOP;
-Abrogazione della legge 1002,perché superata dalla logica di
mercato;
-Tutela del pane quale prodotto tradizionale,garantendone la
tipicità della lavorazione,l’utilizzo di componenti naturali e la
tutela delle aree di produzione(diversità=ricchezza).
-la creazione di marchi di qualità,garantiti e controllati.
A conclusione,questa chiacchierata non può che concludersi con un
invito ad amare il pane in ogni forma,promovendone il consumo e il
significato.
In questa ottica la recente adesione del Comune di Montecalvo
all’Associazione Città del Pane(www.cittadelpane.it),a
livello nazionale,ci permetterà di fare quel doveroso salto di
qualità organizzativa,ritrovando quella concordia del vivere,in un
paese di grandi tradizioni,che oggi vive col motto del CARPE DIEM,ma
con la sicurezza di un pezzo di fresco e fragrante pane in tasca.
Montecalvo Irpino 19/1/2005 - Dott.Mag. Antonio Stiscia
foto: pane tipico
in esposizione durante l'ultima fiera di S. Caterina - Taverna del
duca - sen .N.Mancino (F. D'Addona - G.B. Cavalletti)
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