LE CUI VICENDE PERSONALI S’INTRECCIANO CON LA STORIA CIVILE E POLITICA DI MONTECALVO IRPINO
Antonio Smorto lo rividi e conobbi personalmente nell’estate ‘92 a casa sua. Andai a fargli visita un anno dopo la commemorazione di Giuseppe Cristino, morto nel ’41 in Spagna, prigioniero di Franco, dopo aver combattuto, nella guerra civile del 1936-1939, come arruolato nelle Brigate Internazionali. Per richiesta della famiglia Cristino, nel ’91, anno in cui ricorreva il cinquantenario dalla morte, avevo dettato due epigrafi. Una di esse è riportata sulla sua lastra tombale a Montecalvo, nella cappella funeraria di famiglia. Purtroppo, la sua tomba contiene solo qualche effetto personale. Per quanto la sua famiglia fece, non si riuscì a recuperare i suoi resti che risultavano andati dispersi, perché egli era stato sepolto in una fossa comune, spianata poi negli anni Sessanta per farvi su un giardino. L’altra la donai ai familiari e, successivamente, la pubblicai nel ’93 nella mia raccolta di calligrammi ed epigrammi Dediche. Quando a qualche montecalvese, che si ricorda ancora del personaggio Antonio Smorto per averlo conosciuto o per averne sentito parlare, ho confidato che intrattengo con lui una cordiale frequentazione, seppure sporadica, perché viviamo a cento chilometri di distanza, hanno pensato che scherzassi o che stessi evocando un fantasma, che non è stato spazzato via neanche dal crollo del Muro di Berlino, avvenuto nel 1989. Evidentemente non ci s’immagina neppure che Antonio Smorto è un personaggio arguto e vivace, che ha solo 94 anni, con cui si può parlare di tutto e scherzare proprio come si fa con un ragazzino. Egli ha attraversato il ‘900 e nella sua memoria sono incisi gli accadimenti, vissuti direttamente o indirettamente, di un secolo pieno di tragedie. Mi onora del suo affetto, prima ancora che della sua amicizia. Mi ha accordato quest’intervista sui suoi trascorsi di uomo impegnato per tutta la vita nella politica, che ha significato per lui anche lotta e proselitismo nei momenti cruciali della storia italiana. Non ha ancora staccato la spina ed è impegnato idealmente nel volontariato sindacale. Ha pagato molto personalmente, prima con l’internamento in un lager in Francia e successivamente, rientrato in Italia, col confino a Montecalvo Irpino. Qui incontrò la sua futura moglie, Vincenzina La Vigna, che gli diede un figlio, Ivan, che vive anche lui a Castel D’Azzano. A Montecalvo, dov’era
confinato anche il siciliano Concetto Lo presti, Smorto creò la locale
sezione del P.C.I. e formò i quadri del partito che, assieme al P.S.I. del
farmacista Pietro Cristino, padre di Giuseppe, di cui ho riferito prima,
con la lista frontista della Spiga avrebbe guidato l’amministrazione
comunale fino a poco tempo dopo il terremoto del 1962. Per questo
Montecalvo era noto come la roccaforte rossa dell’Irpinia, che
l’opposizione democristiana, per quanto facesse, non riusciva ad
espugnare. R. No, non sono montecalvese. Nacqui in Calabria 94 anni fa, precisamente a Bagaladi (RC).Eravamo dieci figli e all’inizio del ‘900 le condizioni di vita non erano ovviamente delle migliori, fummo tutti costretti ad andare a lavorare in tenera età e ad emigrare prima al Nord e poi in Francia. Io, i miei genitori e i miei fratelli abbiamo vissuto una gran parte della nostra vita a Tolone. Attualmente sono l’unico vivente di questa numerosa famiglia. D. All’epoca della scissione del Partito Socialista, avvenuta a Livorno nel 1921, tu eri un ragazzino. Nel ’22 il fascismo prese il potere. Narraci di come avvenne il tuo incontro con la politica e coi comunisti. Se non erro, in Francia eri con Luigi Longo, che sarebbe poi diventato segretario nazionale del P.C.I. negli anni Settanta. Dicci di quei momenti di lotta, dei rapporti con gli altri fuoriusciti, delle durezze di vita, dei contatti che avevate con l’Italia e di come e perché fosti internato in un lager. R. Aderii al
Partito Comunista Francese nel 1933 ed alcuni anni dopo, con lo scoppio
della seconda guerra mondiale, su ordine della polizia fascista italiana,
la famigerata OVRA, fui arrestato insieme a tanti altri antifascisti, che
erano fuoriusciti, ed internato nel campo di concentramento di Ÿernet
d’Ariege, a ridosso dei Pirenei. Era l’anno 1941. Non posso dire di non
essere stato in buona compagnia: Luigi Longo, Leo Valiani, con la cui
consorte ho ancora un buon contatto epistolare e telefonico, Giuliano
Pajetta, fratello del più noto Giancarlo, e Carlo Montagnana sono solo
alcune delle figure prestigiose che mi hanno guidato nella formazione
politica e di vita. R. Nel campo di
Ÿernet, dal quale molti non sono usciti vivi, non tutti gli internati
rischiavano il Tribunale Speciale, che equivaleva praticamente alla
condanna a morte. Io, per mia fortuna, ero uno di quelli che non lo
rischiava ed ebbi l’ordine dal Partito di rientrare in Italia e lavorare
per organizzare le masse in vista del crollo del regime fascista e del
conseguente ritorno alla democrazia. Dopo la mia richiesta di rientro in
Italia, fui “ospite” del carcere di Mentone in Francia, poi di quello di
Reggio Calabria. Successivamente fui inviato presso la Questura di
Avellino e da lì destinato al confino politico di Montecalvo Irpino.
Correva l’anno 1943. R. Sì, proprio
per il mio lavoro politico e di massa svolto in Montecalvo Irpino, la
segreteria Provinciale del P.C.I. mi cooptò nella segreteria stessa e nel
Comitato Federale Provinciale. Dal 1945 al 1949 svolsi l’incarico di
Segretario provinciale della Camera del Lavoro. Dalla fine del 1949
all’aprile del 1952, lavorai nella realtà socialista della Cecoslovacchia,
dove il partito comunista era al potere, precisamente a Klasterec, dove
nel 1950 nacque mio figlio Ivan.Ritornai per qualche anno a Montecalvo e
poi nel 1957 mi ritrasferii ad Avellino dove ho continuato la mia attività
politica e sindacale, fin quando nel 1979 mi sono trasferito in Veneto per
occuparmi, fino al 1993, del sindacato pensionati. R. La mia
posizione rispetto a quei fatti non era dissimile da quella ufficiale del
P.C.I. di allora. Anche se i momenti storici in cui i fatti si svolsero e
le analisi differenti fatte successivamente hanno comportato valutazioni
diverse, la mie non erano valutazioni distanti da quelle del partito. R. Secondo me la
corruzione c’era anche prima. I socialisti craxiani hanno tentato di
sostituirsi ai vecchi corruttori ed in parte vi sono riusciti. Con “mani
pulite” sono stati smascherati e di fatto è finita la prima repubblica.
Per quanto riguarda la voglia della destra di riscrivere i libri di
storia, a me pare che quello è il loro mestiere. Ma la storia vera, quella
non potranno mai cancellarla. R. Ai giovani
dico: «Non dimenticatevi mai di far funzionare il vostro cervello!» Castel d’Azzano, 6 giugno 2003 Antonio Smorto * Nel gennaio 1944 in via Roma a Montecalvo fu fondata la prima cellula del partito comunista italiano,"Circolo di Cultura della Sezione Comunista ‘Giuseppe Cristino’ " tra i fondatori :Schiavone Fedele, Tedesco Antonio,Smorto Antonio,Pappano Antonio,Pompilio Santosuosso,Antonio Giasullo ed altri.......
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