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Caro Gaetano,
ti invio quel resoconto.
L'ho già lanciato sullo spazio di dibattito paesano intitolato "Forum" di Irpino.it - Spero non ti dispiaccia. E questo testo che ti allego mando anche a Francesco Cardinale e ad Alfonso Caccese chiedendo loro se sanno trovare un diverso medo per valorizzarlo facendoti così onore,
Ciao. Saluti carissimi e ringraziamenti a te, Rita e a tutti gli asmici escursionisti,
Mario S.
 

L’OCCHIO DEL DIAVOLO

     Sono andato di recente insieme a Gaetano Caccese, un animatore culturale di Ariano, ma con radici montecalvesi, e un suo amico, Antonio Bufano, che fungeva da guida “indigena”,  a fare un’escursione durante la quale Gaetano ed Antonio dovevano completare un sentiero che partendo dal greto verso nord/est del ruscello Miscanello ai piedi del calanco di Ripa della Conca (un’altissima parete di roccia  a circa duecento e più metri di dislivello dall’ex ospedale di Santa Caterina) prima salendo sul ciglio del fosso e poi percorrendolo lungo una pista segnata dai cinghiali, dovrebbe giungere alla fine del fosso digradante a sud/ovest e tornare più o meno al punto di partenza, seguendo il greto dello stesso torrente Miscanello.

     Il percorso però non si è potuto completare per la mancanza di tempo e soprattutto per le difficoltà ad aprirsi una via agevole attraverso un intrigo vegetale di rovi, tronchi caduti di traverso, canneti in decomposizione, ecc. –  una cosa peggiore della giungla tropicale.

     Siamo però giunti sino al punto in cui il ciglione digrada sin quasi al letto del ruscello, all’altra estremità della ripa. E qui Antonio si è prodotto in una impresa da equilibrista pazzo, scendendo lungo l’ultima fragilissima cresta cretacea che si stacca dalla parete avendo ai lati degli strapiombi quasi verticali, E’ dovuto risalire perché Gaetano e lo stesso Antonio si sono ricordati  che lo scopo dell’escursione era aprire un sentiero per tipi un po’ sportivi, sì, ma non pazzi spericolati..

     Siamo tornati al punto di partenza rifacendo grosso modo lo stesso cammino  a ritroso.

 

     Questa la storia del percorso; mi resta  però da descrivere le cose belle e anche bellissime viste laggiù. La parete stessa vista prima dal basso, e che offre prospettive sempre diverse e cangianti alla luce, a mano a amano che ci si avvicina, la si scala, passando a lato di una sonante cascata alta almeno venti metri di un’acqua un po’ sporca però, la quale (cosa incredibile per l’arida Montecalvo) faceva girare la ruota di un mulino ora scomparso, e poi la vista da capogiro delle creste che potevamo vedere  sporgendoci dal ciglio.

     La meraviglia maggiore però ci è stata offerta da una cascatella laterale rispetto alla cascata più alta e copiosa. In quel momento la cascatella era povera d’acqua, che fuoriesce da un foro oblungo di una roccia stranamente dura e grigia (tipo di roccia chiamata dai geologi metamorfica, diversissima dalla roccia di arenaria dominante tutt’intorno e ricca di  fossili marini – ed è detta sedimentaria). Il getto, sia pure scarsissimo, è di un’acqua densamente rossa, molto più rossa dell’acqua  ferruginosa.

     Be’, quel  foro nella roccia è l’occhio del Diavolo.

     Uno di noi tre neanche si è avvicinato perché crede come i nostri antenati che il posto è malefico e che lì si ritrovavano a trescare col Maligno streghe e “mavari”.

     A me sono piaciuti specialmente dei giganteschi pioppi che forse costituiscono lo scampolo rimasto della foresta fittissima che una volta ricopriva tutto il nostro monte, prima che si guadagnasse il triste nome di “calvo”. Saranno lì da millenni, se si pensa alla capacità inesausta  degli alberi di riprodursi “via pollone”. Sempre che nessuno interrompa la catena, ovviamente.

     Ma questa è un’altra storia e molto lunga da raccontare qui.

     Una nota  malinconica per finire: a un certo punto, Antonio ha guardato una macchia opposta  alla ripa su cui stavamo allora e ci ha raccontato la morte di suo nonno precipitato insieme alla sua mula mentre scendeva al fiume.

 

M. S.                                                                                                    Montecalvo, 24 novembre 2007

le foto sono di Gaetano Caccese e Angelo Siciliano

 

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