Note Critiche - "All'ombra dei Pampini " di Giuliana Caputo
Giuliana Caputo è nata a Benevento. Ha insegnato materie letterarie nella scuola media. Abbandonato il mondo della scuola in anticipo si è dedicata alla letteratura e alla poesia. Al suo attivo già molte pubblicazioni:
- Il Filo Rosa 1992
- Pietroroja ed altri racconti 1994
- Tra memoria e futuro 1997
- Lezione d'Amore 1999
- Ti amo mostro   2000
- L'ombra dei pampini 2003


Ogni pagina di questo romanzo è intrisa di forte spiritualità e religiosità non superficiale o di facciata, ma intima e solenne.
Il richiamo allo spirito del Vangelo, e alla luce, contro le oscure forze del male, è un costante riferimento, anche negli episodi più crudi e violenti che purtroppo esistono e fanno parte della Vita. Nel momento in cui l'autrice scopre un delitto, avverte sempre il bisogno di attenuare la colpa del carnefice, a sua volta vittima della debolezza del carattere e di chiusura mentale, dovute a  varie negative circostanze nel percorso della loro esistenza. Alcune scene si ripetono, così anche gli stessi termini adoperati a riprodurre lo stesso dolore, magari vissuto da altri in analoghe circostanze. Storie oscure che si intrecciano da un angolo all'altro del pianeta e ci fanno sentire responsabili l'uno del destino dell'altro, in quanto acini solitari di tanti grappoli sparsi e spersi nel pianeta Vigna. Si parla tanto di di violenza degli uomini contro le donne, quest'opera invece pone l'accento sulle tante violenze che anche le donne, seppure in misura minore o in modo meno evidente, perpetrano ai danni di altri uomini o donne, magari inconsapevolmente. L'autrice avverte questi gravi sintomi che affliggono la nostra società e impone un carico maggiore di responsabilità proprio alle donne, nei riguardi dei bambini e della Vita, perchè  riconosce sentimenti e valori dell'animo femminile che non si possono disperdere nella corsa al potere e al successo. Il richiamo ad autentici valori, all'attenzione ai bambini, ai giovani, alla natura, al recupero della cultura contadina e delle nostre origini, fa di questo libro un'opera degna di essere letta, nonostante la scabrosità di alcune scene, tuttavia necessarie a rendere la difficoltà dell'esistenza umana, stremata alla ricerca di un fragile equilibrio tra spinte ideali e passioni della carne; Il trionfo finale del sorriso,è il segno dell'infinita bellezza della vita che nonostante tutto, è sempre un grande dono ed è sempre degna di essere vissuta fino in fondo.

Giuliana Caputo

Da "L'ombra dei Pampini " di Giuliana Caputo.

Una donna, era una bella donna, la cugina Anna, figlia di quegli zii che ospitarono Andrea, quando i nonni se ne andarono per sempre. Proprietari di terra, contadini che lavoravano dalla mattina presto fino al calar del sole. Vivevano in una bella masseria, con tanti animali da cortile, il verde, le spighe di grano tutt’intorno e in fondo i tralci di vite della vigna. Soprattutto d’estate il lavoro dei campi era incessante, gli zii si allontanavano per molte ore al giorno e ad Anna era affidata la cura della casa, del pranzo e del ragazzo. Andrea aveva tanti amici e con loro nei lunghi giorni estivi scorazzava per i prati, misurandosi in lotte, gareggiando a pallone. Andrea cresceva bello e forte e più di una volta Anna gli aveva detto che stava diventando proprio un bel ragazzo. Dieci anni o poco più, stava sbocciando. In uno dei tanti sfaccendati pomeriggi, si sentì chiamare. Anna gli chiese se desiderava un bel gelato grande. I gelati, a quei tempi non erano certo regali quotidiani e, il piccolo Andrea, arrossendo un poco in volto di piacere, rispose che certamente lo gradiva. Allora la cugina gli diede la mano e lo invitò ad accompagnarla prima a fare un piccolo servizio nella vigna. Si allontanarono dalla masseria e presto furono immersi nella fresca ombra dei pampini. Andrea, pregustando il gelato, si lasciava trascinare. La donna fece finta di inciampare e si trovò sdraiata sulla terra umida. Con uno strappo più forte della mano, fece cadere il piccolo Andrea che sorrise a quel gioco. Anche il ragazzo si trovò disteso al suo fianco, ma subito con uno scatto improvviso del corpo, Anna gli fu sopra, a cavalcioni su di lui. Gli bloccò la testa afferrandone i capelli, puntò le ginocchia facendo scivolare in avanti il bacino, sollevò l’ampia gonna scoprendosi senza mutande. Andrea aveva ormai dinanzi agli occhi il pelo riccio e nero del pube. Bloccato dalle mani della donna, poteva solo guardare. Eccitato ma incerto sul da farsi, udì la voce di Anna ormai scomparsa dietro la gonna alzata: “Lo vuoi il gelato? Allora, lecca, lecca!”. Andrea sentì la bocca affondargli in un luogo tiepido e umido circondato da peli che quasi gli impedivano il respiro. Restava immobile mentre quella si dimenava e, ansimando, continuava a ripetere: “Lecca, se vuoi il gelato, lecca. Così, più forte!”. Spingeva avanti e indietro le natiche, a tratti le sollevava e ripiombava, mentre il volto di Andrea si imbrattava di umori che fluivano nella sua bocca piena di saliva spumosa dal sapore di mare. Con la testa affondata nella terra, la lingua che, come un automa dimenava, Andrea annaspava al buio, oppresso pure dalla cappa ampia della gonna. Non la sopportava più, ormai pensava agli amici e al gioco del pallone, quando finalmente, un’ultima violenta ondata di piacere fece scivolare Anna all’indietro, lasciando libero e scoperto il volto di Andrea. Respirò sollevato, mentre dal tetto di pampini vide filtrare un raggio di sole che disegnò tremule ombre sul bel corpo di Anna. Ormai era in piedi e aveva ripreso il controllo di sé. Liberava la gonna da polvere e terra, ravviava i capelli all’indietro, si rassettava, si stiracchiava appagata. Poi si rivolse ad Andrea che giaceva ancora a terre stordito e lo aiutò con una mano ad alzarsi. Lo ripulì, gli aggiustò i capelli, ne spolverò i freschi panni estivi. Quando gli parve ben rimesso in ordine, estrasse dal reggipetto dei soldi e glieli fece scivolare nella mano. “Tieni, gli disse. Questi sono i soldi per comprare il gelato! Ma stai bene attento a non dire a nessuno quello che è successo, se no sono botte, sono guai”. Il silenzio è d’oro ed Andrea seppe tacere. Da quel giorno mangiò molti altri gelati succulenti, sempre dopo aver sbrigato quella strana, sempre più lieve incombenza, nella vigna.

 

 

                                                               

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