Ogni
pagina di questo romanzo è intrisa di forte spiritualità e religiosità non
superficiale o di facciata, ma intima e solenne.
Il richiamo allo spirito del Vangelo, e alla luce, contro le oscure forze
del male, è un costante riferimento, anche negli episodi più crudi e
violenti che purtroppo esistono e fanno parte della Vita. Nel momento in cui
l'autrice scopre un delitto, avverte sempre il bisogno di attenuare la colpa
del carnefice, a sua volta vittima della debolezza del carattere e di
chiusura mentale, dovute a varie negative circostanze nel percorso
della loro esistenza. Alcune scene si ripetono, così anche gli stessi
termini adoperati a riprodurre lo stesso dolore, magari vissuto da altri in
analoghe circostanze. Storie oscure che si intrecciano da un angolo
all'altro del pianeta e ci fanno sentire responsabili l'uno del destino
dell'altro, in quanto acini solitari di tanti grappoli sparsi e spersi nel
pianeta Vigna. Si parla tanto di di violenza degli uomini contro le donne, quest'opera invece pone l'accento sulle tante violenze che anche le donne,
seppure in misura minore o in modo meno evidente, perpetrano ai danni di
altri uomini
o donne, magari inconsapevolmente. L'autrice avverte questi gravi sintomi
che affliggono la nostra società e impone un carico maggiore di
responsabilità proprio alle donne, nei riguardi dei bambini e della Vita,
perchè riconosce sentimenti e valori dell'animo femminile che non si
possono disperdere nella corsa al potere e al successo. Il richiamo ad
autentici valori, all'attenzione ai bambini, ai giovani, alla natura, al
recupero della cultura contadina e delle nostre origini, fa di questo libro
un'opera degna di essere letta, nonostante la scabrosità di alcune scene,
tuttavia necessarie a rendere la difficoltà dell'esistenza umana, stremata
alla ricerca di un fragile equilibrio tra spinte ideali e passioni della
carne; Il trionfo finale del sorriso,è il segno dell'infinita bellezza della
vita che nonostante tutto, è sempre un grande dono ed è sempre degna di
essere vissuta fino in fondo.
Giuliana Caputo
Da "L'ombra dei Pampini " di Giuliana
Caputo.
Una
donna, era una bella donna, la cugina Anna,
figlia di quegli zii che ospitarono Andrea, quando i nonni se ne andarono
per sempre. Proprietari di terra, contadini che lavoravano dalla mattina
presto fino al calar del sole. Vivevano in una bella masseria, con tanti
animali da cortile, il verde, le spighe di grano tutt’intorno e in fondo i
tralci di vite della vigna. Soprattutto d’estate il lavoro dei campi era
incessante, gli zii si allontanavano per molte ore al giorno e ad Anna era
affidata la cura della casa, del pranzo e del ragazzo. Andrea aveva tanti
amici e con loro nei lunghi giorni estivi scorazzava per i prati,
misurandosi in lotte, gareggiando a pallone. Andrea cresceva bello e forte e
più di una volta Anna gli aveva detto che stava diventando proprio un bel
ragazzo. Dieci anni o poco più, stava sbocciando. In uno dei tanti
sfaccendati pomeriggi, si sentì chiamare. Anna gli chiese se desiderava un
bel gelato grande. I gelati, a quei tempi non erano certo regali quotidiani
e, il piccolo Andrea, arrossendo un poco in volto di piacere, rispose che
certamente lo gradiva. Allora la cugina gli diede la mano e lo invitò ad
accompagnarla prima a fare un piccolo servizio nella vigna. Si allontanarono
dalla masseria e presto furono immersi nella fresca ombra dei pampini.
Andrea, pregustando il gelato, si lasciava trascinare. La donna fece finta
di inciampare e si trovò sdraiata sulla terra umida. Con uno strappo più
forte della mano, fece cadere il piccolo Andrea che sorrise a quel gioco.
Anche il ragazzo si trovò disteso al suo fianco, ma subito con uno scatto
improvviso del corpo, Anna gli fu sopra, a cavalcioni su di lui. Gli bloccò
la testa afferrandone i capelli, puntò le ginocchia facendo scivolare in
avanti il bacino, sollevò l’ampia gonna scoprendosi senza mutande. Andrea
aveva ormai dinanzi agli occhi il pelo riccio e nero del pube. Bloccato
dalle mani della donna, poteva solo guardare. Eccitato ma incerto sul da
farsi, udì la voce di Anna ormai scomparsa dietro la gonna alzata: “Lo vuoi
il gelato? Allora, lecca, lecca!”. Andrea sentì la bocca affondargli in un
luogo tiepido e umido circondato da peli che quasi gli impedivano il
respiro. Restava immobile mentre quella si dimenava e, ansimando, continuava
a ripetere: “Lecca, se vuoi il gelato, lecca. Così, più forte!”. Spingeva
avanti e indietro le natiche, a tratti le sollevava e ripiombava, mentre il
volto di Andrea si imbrattava di umori che fluivano nella sua bocca piena di
saliva spumosa dal sapore di mare. Con la testa affondata nella terra, la
lingua che, come un automa dimenava, Andrea annaspava al buio, oppresso pure
dalla cappa ampia della gonna. Non la sopportava più, ormai pensava agli
amici e al gioco del pallone, quando finalmente, un’ultima violenta ondata
di piacere fece scivolare Anna all’indietro, lasciando libero e scoperto il
volto di Andrea. Respirò sollevato, mentre dal tetto di pampini vide
filtrare un raggio di sole che disegnò tremule ombre sul bel corpo di Anna.
Ormai era in piedi e aveva ripreso il controllo di sé. Liberava la gonna da
polvere e terra, ravviava i capelli all’indietro, si rassettava, si
stiracchiava appagata. Poi si rivolse ad Andrea che giaceva ancora a terre
stordito e lo aiutò con una mano ad alzarsi. Lo ripulì, gli aggiustò i
capelli, ne spolverò i freschi panni estivi. Quando gli parve ben rimesso in
ordine, estrasse dal reggipetto dei soldi e glieli fece scivolare nella
mano. “Tieni, gli disse. Questi sono i soldi per comprare il gelato! Ma stai
bene attento a non dire a nessuno quello che è successo, se no sono botte,
sono guai”. Il silenzio è d’oro ed Andrea seppe tacere. Da quel giorno
mangiò molti altri gelati succulenti, sempre dopo aver sbrigato quella
strana, sempre più lieve incombenza, nella vigna.
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