PIAZZA
CARMINE (L’olmo che non c’è)
del Dott.Antonio Stiscia
La piazza del Carmine qui riprodotta in una foto
del 1880 circa,rimane una delle piazze più belle e storicamente
più importanti dì Montecalvo Irpino.
A baluardo di un millenario, felice e non casuale
connubio tra il Sacro e il Faceto, troviamo la Chiesa del
Carmine e l’Olmo,quasi a simboleggiare la instaurata pace tra
l’uomo e Dio e tra l’uomo e la natura.
Cinquant’anni fa,si abbatté , il maestoso olmo,
che solo l’animo sensibile e nostalgico di un nostro emigrato
(Placido A. De Furia) poteva ricordare con versi di un sì
sublime ardente rispetto.
Aveva più di mille anni il nostro amico,lo
avevano piantato i Longobardi (che consideravano l’Olmo un
albero sacro, ben rappresentativo della loro forza e fierezza
d’animo),vicino a quella Chiesa che per loro volontà. si
chiamerà di San Sebastiano e solo molto tempo dopo del Carmine.
I Longobardi (longa-barda) (barda:grande ascia da
combattimento, tipica di queste genti) erano degli svedesoni
forti, rozzi e ignoranti, requisiti indispensabili per la
conquista di una Italia decadente e lasciva.
Ariani convertiti al Cattolicesimo,più che essere
usati dalla religione,ne furono abili fruitori e sebbene
temessero il Demonio,adoravano la Vipera.
Molto probabilmente si deve a loro l’invenzione
dell’Acquasantiera nelle chiese e il portare e detenere reliquie
di Santi,stante la malcelata preoccupazione di essere
influenzati dal maligno e sicuramente si deve a questa fisima,
il recupero e/o trafugamento di numerosissime statue e icone di
santi,sottratte alla furia iconoclasta degli ultimi e arabizzati
imperatori d’oriente.
Capirono per primi che un atto di natura laica o
amministrativa, avrebbe avuto maggior peso se si fosse svolto
sul sagrato o nelle vicinanze di una Chiesa.
La necessità di spazi, favorì la nascita di nuove
Chiese,con ampie piazze,libere da costruzioni ed espressamente
destinate all’adorazione di Dio,dei suoi Santi e alla
amministrazione della Giustizia.
Le cerimonie ordaliche si tennero così davanti le
Chiese,sotto il diretto Giudizio di Dio e sotto il diretto
controllo dell’ancestrale animistica religione degli antenati
Longobardi,simboleggiata dal Sacro
Olmo.
Non sapevano leggere e scrivere,forse non avevano
nemmeno una loro scrittura,ma riuscirono a trascrivere la
tradizione antica nella lingua dei vinti romani, e con Re Autari
riusciranno a dar vita ad un codice moderno,efficace e per certi
versi attualissimo.(Per i Longobardi tutto aveva un prezzo e
quasi tutto poteva essere risolto con l’esborso di una pena
pecuniaria).
La Chiesa edificata forse verso l’VIII-IX
secolo,fu intitolata a San Sebastiano, santo a cui
intercessione si deve la fine della terribile pestilenza che
colpì la Città di Pavia (capitale del regno Longobardo) sotto il
regno di Re Uberto.
L’edificazione della nostra Chiesa è certamente
legata ai gravi fardelli subiti,che oltre alla peste si
chiamano: Terremoti,colera,tifo…………….
Un raro manoscritto del 1705 ,ricorda che la
Chiesa di San Sebastiano fu edificata fuori terra,dalla parte
occidentale,nel luogo detto Lo Monte, posta in isola e
circondata dalla Via Pubblica.
Fu edificata nell’ anno 1478 ma va ricordato che
il tremendo terremoto del
1456.distrusse quasi tutti gli edifici
ecclesiatici di Montecalvo,causando circa 800 morti,per cui è
quasi sicuro che la riedificazione avvenne sulle rovine della
precedente.
La minuziosa descrizione dell’interno,degli
altari e delle suppellettili ,conferma la natura longobarda
della struttura originale della Chiesa,che solo molti secoli
dopo diventerà “Chiesa del Carmine”, fino alla struttura attuale
riedificata dopo il 1930 e arretrata nel Giardino del Palazzo
Stiscia,per la creazione di una piazza più grande e per favorire
il collegamento con la Piazza Vecchia (odierna Piazza S.Pompilio).
Oltre ai calici,alle urne e a qualche
reliquiario, è la straordinaria e miracolosa statua lignea della
Madonna Della Libera che testimonia al meglio la presenza
longobarda in Montecalvo, statua che la dott/ssa Portoghesi
(archeologa ed esperta di tessuti, di fama mondiale)individua e
assegna all’alto medio evo ,specie con riferimento alle racce
dell’antico panneggio dipinto,alla presenza della mandorla, e al
fatto che la statua vesta il CINTO ,che ne configura lo stato di
grazia legato alla dolce attesa del salvatore(nonostante
l’improbabile restauro effettuato senza alcuna parametrazione
scientifica).
Che dire della straordinaria bellezza e grazia
della sacra immagine, un vero unicum nella statuaria
medioevale,con evidenti riferimenti alla statuaria greco-romana
se Bìzantina. (Non va dimenticata la tradizione che recita di un
miracoloso ritrovamento della Madonna,in occasione di una delle
tante pestilenze e la liberazione dal male).
Ma torniamo all’olmo!
Stiamo senz’olmo da 50 anni, aspettavamo di
vederlo ripiantato nella bella Piazza rifatta da poco, ahimé ciò
non è accaduto!
Siamo stati inondati di Magnolia ridens, che
accortesi che non c’è proprio niente da ridere,visti i
tempi,rimangono scheletriche, ricevendo l’appellativo di
agonians. A Montecalvo esiste una magnifica tradizione che segue
il gioco del tressette e che basato su regole mai scritte,ma
efficaci (come quelle longobarde) disciplina la bevuta
ristoratrice, tra un padrone di turno e un sotto di compagnia.
La cosa bella di questo gioco è che il sotto beve
quasi sempre e anche quando diventa padrone,non dimentica
l’azione ricevuta buona o cattiva che sia.
Chi invece non beve e rimane assetato,si trova
nella condizìone di essere portato a OLMO.
Un caloroso e cortese invito a chi è
Padrone,stare senza bere per noi del Carmine è cosa risaputa, ma
ridateci almeno la speranza di andarci a rinfrescare sotto
l’Olmo.
Montecalvo Irpino 19 Agosto 2005
Dott.Antonio Striscia
In Appendice viene riportata la copia
dattiloscrìtta della prima stesura de “l’Olmo dell’ irpinia” di
Placido A. De Furia ,cittadino americano di origini montecalvesi,donatami
dal compianto Francesco De Furia già Sindaco di Montecalvo,e
quale omaggio alle sue graziosissime figlie:Anna e Vittoria,che
hanno il buon cuore di apprezzare i miei umili scritti.
L’ olmo di Piazza Carmine
Antica e non
spaziosa
è la piazzetta,
ma le dà grazia
viva un olmo secolare....
Quell’olmo è pari a bussola;
guida i passi
di quanti, stanchi, tornano al paese,
al tramontar del sole.
Ed io ricordo il cinguettio
festoso degli uccelli
e le fresche auree
che lievi a sera
carezzano la terra dei miei avi.
Ricordo, ed il rimpianto
m’invade il cuore.
Caro, vecchio olmo
alto, maestoso,
mi par di sentire
il fruscio delle tue foglie,
che era canto
delicato e lieve…….
Da ‘Ricordi di un
emigrato” di Placido A. De Furia
Testo e foto tratte da:
Album di Famiglia di
Antonio Stiscia e G.B.M.Cavalletti
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