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Pietre, grani e vini  nella Montecalvo dell’800
 
Nello scrivere delle umane vicende del popolo Montecalvese,si tralascia spesso,il ricordo degli avvenimenti e delle situazioni di vita comune,presi dalla smania di rinverdire i fasti di un tempo,dimentichi forse, che la civiltà  si appalesa in ogni forma e in ogni attività umana.
Per questi motivi non saranno mai troppi i ringraziamenti da formulare ad Angelo Siciliano,che da anni e caparbiamente raccoglie le testimonianze della vita di un popolo,compiendo così un’opera di recupero e salvaguardia di un patrimonio antropologico unico e irripetibile.
Cercherò di dare un piccolo contributo,col solo intento di recuperare notizie,sperando che si ponga mano ad una banca dati dove possano confluire le storie,gli oggetti,le testimonianze,le opere,le foto e quant’altro possa custodire la civiltà montecalvese,troppo vasta per essere completamente distrutta e troppo  fragile per essere ben tutelata.
Viviamo tempi difficili,dove ci si vergogna delle proprie origini contadine e dove lo sport più in voga è quello di trovare blasonerie e parentele di grido,dimentichi forse che la vera nobiltà alberga nel cuore .
Ho conosciuto uomini semplici,dalle mani callose,depositari di profonde magnanimità e al contempo mielosi  professori farciti di stupida presunteria ,appiccicosa come  la “LOTA”.
Ma veniamo alle notizie.
Da alcuni documenti riguardanti registri di spesa e note di fitti,ho letto di come quelle che oggi sono considerate,a torto,attività secondarie e marginali,avevano intorno alla metà dell’800,in Montecalvo,una apprezzabile e inimmaginabile valenza economica.
Ogni bene aveva un valore e una borsa valori,per cui non deve apparire strano del come si commerciassero le pietre al prezzo di grana 13 la mola,quando erano lavorate dai Maestri-Scalpellini, gli artisti che con la loro difficile e dura opera,hanno abbellito le case di tutti i montecalvesi,da quelle più umili del Trappeto, per arrivare ai Palazzi e Palazzotti del Centro storico.
Le pietre venivano importate dai posti più impensati e gli Scalpellini Montecalvesi,per secoli,sono stati i maestri indiscussi di un’arte che trova gli esempi più fastosi nel nostro bel paesello,non a caso chiamato “Il Paese dei portali di pietra “.
 
 
Portale Palazzo De Cillis
Già Iannigro,Vipera,Medici
(Foto Archivio Palazzo Stiscia)
 
Mi piace ricordare il nome di alcuni illustri maestri,operanti nel XIX sec,non avendo ancora trovato riscontri sul nome di quelli operanti nei secoli precedenti,ma è solo una questione di tempo.
Maestro Scalpellino MICHELE ARDOLINO
    “               “           CRESCENZIO CASALE
    “                “          ANTONIO DI ZILLA
Come del resto va ricordato il grossista dell’Epoca o meglio l’importatore di lastre di pietra :
 
Maestro                     NICOLA MARIA ANTONELLI.
 
Straordinaria importanza aveva il VINO,oggetto di scambio,fonte di reddito,tant’è che lo si usava anche come caparra nei contratti e di cui se ne conoscevano le indiscusse virtù .
Sovente,nei contratti ,si specificava il tipo di vino(Bianco o Rosso),individuandolo con un proprio nome e zona di produzione,come del resto avviene oggi per i DOC .
Le vigne erano considerate preziosissime e venivano affidate più che affittate a persone di provata onestà e indiscussa capacità ,ne fanno fede le numerose clausole contrattuali.
Alcune zone del paese,erano spiccatamente votate alla coltivazione della vite,il prodotto era apprezzato e ricercato per la natura del terreno,l’esposizione dei filari e il tipo di vitigno,di cui il più rinomato era il “LIATICO”, un rosso speciale,vanto delle numerose cantine e taverne montecalvesi.
La tradizione orale dei nostri vecchi ci ha tramandato le peculiarità di altri 2 importanti vitigni:
Il “TURCHENESE”da cui si ricavava un rosso allegro e  al profumo di rosa e
Il “PICCIOLO di BAMBINO” un’uva bianca ,con acino di forma allungata,da cui si ricavava un vino da dessert , successivamente utilizzato per confonderlo con il rosso,nell’intento di mitigarne la forza.
Se il Pane di Montecalvo è diventato una star  del gusto italico,non meno importante è il discorso sulla materia prima (farina) e sul Grano,quel prezioso prodotto della natura e del lavoro dell’uomo,che ha sfamato e sfama milioni di persone.
Le vecchie carte ci vengono in soccorso ancora una volta,ritrovando nomi  ormai perduti o forse alterati da una memoria mal allenata.
Mi fa piacere ricordare le farine di un tempo,forti e corpose come la
Saragolla Calabrese e la Saragolla Turchesca,di cui se ne intuisce l’originaria composizione e/o miscela;
Per non parlare dei grani come la Risciola,la Mesca e la Carosella.
Manifesto la mia totale ignoranza su tale argomento,ma spero che qualche lettore,fornisca notizie e spiegazioni su tale importante argomento,non disgiunto dall’iniziativa di promuovere il”Pane di Montecalvo” con il traguardo dell’IGP,recuperando e garantendo l’intera filiera produttiva.
 
 
 
Montecalvo Marzo 2006

 

Dott.Antonio Stiscia


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