Chiesa Abbaziale - S.Maria Assunta in cielo - Montecalvo Irpino


 

Alla sommità del paese, attigua alla residenza dei duchi, si erge la chiesa più antica di Montecalvo: S. Maria Assunta in Cielo. Presumibilmente sorta sui ruderi di un antico tempio, dal 1300 ha sfidato tutte le catastrofi abbattutesi sul paese, per giungere a noi nella sua bellezza originaria, anche se sembra destinata ad un non felice rapporto con gli uomini e con il tempo.
Edificata intorno alla prima metà del XIV secolo, rappresenta un vero gioiello di stile dell’epoca.
L’ingresso della Chiesa è posto a circa due metri dal piano stradale, vi si accede attraverso una breve rampa di scala con una bella balaustra , su cui si evidenziano gli stemmi delle famiglie Gagliardi e Pignatelli.

 


La facciata si presenta con un portale ad arco cui si sovrappone
una luna gotica, due finestre ai lati ed un rosone centrale.
L’interno è a tre navate diviso da pilastri costituiti da blocchi d’arenaria.
Nella navata destra è collocata la Cappella dei Carafa, a pianta ottagonale, con arco in arenaria sostenuto da due magnifiche colonne.
Fu fatta costruire da Giovan Battista Carafa, terzo Conte di Montecalvo, è rappresenta un vero gioiello d’arte cinquecentesca. Affiancata si trova la Cappella di San Felice Martire, patrono di Montecalvo, il cancello di ferro appartiene al XVII secolo e reca le insegne della famiglia Pignatelli.
In essa è collocata l’urna con i resti mortali di San Felice Martire, patrono di Montecalvo Irpino.
Da pochi anni è stata ripresa la tradizionale festa del Santo patrono, che si svolge il 31 Agosto.
La cappella accanto alla sacrestia è dedicata a S. Maria del Suffragio. Nella navata sinistra è situato un caratteristico fonte Battesimale del ‘500, formato da un sarcofago posto su colonne fregiate da capitelli corinzi. Nella nicchia sovrastante, si nota l’altare ligneo dedicato a San Rocco. La navata centrale termina con un Abside rettangolare, preceduta dall’Altare Maggiore voluta dal duca Pompeo Pignatelli nella seconda metà del XVII secolo.
testo di:G.B.M.Cavalletti.

 

                     PASQUA DELL’ABBONDANZA* 

Madonna, con l’occhio che parla,
il tuo volto dolce di Madre
novello di secolari ferite
dissipa deserti di paure
lenisce celati dolori.
Il seno mostri ai fedeli
salvifico ristoro ai devoti.
Il Bimbo benedice e sorride.
Con vesti appesantite da pieghe
rughe scavate profonde
tre secoli di salvie rute ginestre
filari di bosso e rosmarino odoroso
hai attraversato in silenzio
per adempiere la profezia.
Si sale come ai tempi antichi
con animo speranzoso
alla Collegiata.
Oggi è Pasqua.
I tuoi doni nel sole
gialle violacciocche fiorite
                                 tra pietra e pietra
                              sui muri del tempio.
                      Montecalvo, Pasqua, 20 aprile 2003
                              Angelo Siciliano
 
 

MAMMA BELLA CU LA FACCI LORCIA*

 S’ave prisintàta, nu bèllu juórnu,
la Madonna: la facci lórcia,
tutta chjéna di macchji,
nu pócu carulàta.

Ma l’uócchji suji so’ cquiddri
di na mamma ca ògnunu
vuléss truvàni quann’a la sera
s’arritìra stancu, strutt’e afflìttu.

 Unu pènza: « Ma da ‘ndó véne
‘sta Madonna? Da lu paravìsu no,
éja tutt’affardillàta, binidica!

Li bbìji ch’ave camminàtu, li rripi,
li uaddrùni, li ghjiumàri ch’ave passàtu,
lu mantu mmalitrattàtu,
la vèst’azzangàta di lóta, lu Crijatùru
‘mpisantùtu ‘mbrazza...»
 

Ma a ghjì a bbidé, Quéddra stéva
‘mmiézz’a nnuji, ammucciàta
accussì bbónna ca nisciùnu,
mancu pi mmacinazióne,
ci jév’a ppinzà!

 Tutt’ave sintùtu
tutt’ave patùtu
tutt’ave capìtu.
Nuji ‘nnì l’ìma
accuntà niénti!

Angelo Siciliano

Zell, 25 maggio 2003
* A Giovanni Bosco Maria Cavalletti

MAMMA BELLA DALLA FACCIA MACCHIATA
 

 Si è presentata, un bel dì,
la Madonna: la faccia sporca,
tutta cosparsa di macchie,
un po’ tarlata.

Ma i suoi occhi sono quelli
di una madre che ciascuno
vorrebbe incrociare la sera quando
si ritira stanco, distrutto e sconsolato.

 Uno si chiede: «Ma da dove arriva
questa Madonna? Dal paradiso no,
così carica, Dio la benedica!

Le vie che ha percorso, i calanchi,
i valloni, le fiumare che ha guadato,
il mantello sdrucito,
la veste imbrattata di fango, il Bambinello
che le si è appesantito in braccio...»

Ma si viene a scoprire che Lei era
in mezzo a noi, nascosta
così bene che nessuno,
neanche per idea,
riusciva ad immaginarselo!

 Tutto ha udito
tutto ha sofferto
tutto ha compreso.
Noi non dobbiamo
confidarle nulla!

 

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