«Dal grande balcone
della casa nativa in Savignano Irpino, dove si era
recato in convalescenza, dopo un invalidante attacco
di paresi, padre Romualdo Formato rivedeva per
l’ultima volta i colli e le montagne dell’Irpinia,
sentiva il vento che sempre passa impetuoso su quella
terra generosa, spaziava a perdita d’occhio su quell’orizzonte
stupendo».
Erano le ore 17 del 24 ottobre del 1961, quando,
rivolgendo un ultimo sguardo all’Irpinia, se ne andò
in silenzio don Romualdo Formato. A lui, il cappellano
militare, testimone del massacro nazista a Cefalonia
l’Italia deve molto. Una storia drammatica, quella
della Divisione Acqui, a cui un anonimo volle rendere
omaggio in versi: «Ed il vento/entrò da l’ampia
finestra/portando/il profumo della terra d’Irpinia/e
col vento/ entrarono tutti i novemila di Cefalonia/e
lo portarono/nella gloria, perché fu con loro/uno di
loro./Il vento d’Irpinia/ripete ancora la sua parola,/
quando passa l’autunno/ e le foglie/hanno il colore di
sangue,/il sole/ la luce dell’amore».
Se ne andava così a soli 55 anni il sacerdote che
aveva dedicato tutta la sua vita a ridare gloria ed
onore ai soldati italiani barbaramente trucidati
nell’isola di Cefalonia durante il settembre 1943.
Era nato a Savignano Irpino il 22 ottobre 1906, e come
il fratello maggiore Leopoldo era entrato giovanissimo
nella Congregazione dei Missionari del Sacro Cuore. |

Luca Zingaretti
protagonista del film - Tv
su Cefalonia |
Dopo gli studi in seminario e il noviziato in Spagna
completò i suoi studi di Filosofia e Teologia a Roma.
Il 27 luglio 1930 fu ordinato sacerdote dedicandosi
negli anni successivi all’insegnamento delle Lettere
come preside di un Istituto Magistrale.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale fu chiamato
alle armi e nominato cappellano militare con il grado
di tenente e assegnato al 33 Reggimento Artiglieria
Divisione Acqui.
Durante la campagna di Grecia e di Albania si distinse
per le doti di grande umanità e lo zelo con cui
svolgeva la sua funzione di sacerdote.
Ma fu durante i giorni di combattimento successivi
all’armistizio dell’8 settembre, quando sull’isola di
Cefalonia i soldati italiani rifiutarono l’alleanza
tedesca ed ingaggiarono un glorioso ed impari scontro
bellico, che si prodigò ad assistere i soldati
italiani spiritualmente e materialmente fino alla resa
dopo una eroica resistenza.
Durante il successivo massacro presso la Casa Rossa,
quando convinto di dover essere fucilato come tutti
gli altri suoi compagni, implorava solo di essere
ucciso per ultimo per poter assistere - con cristiana
pietà i compagni.
Ad ogni esecuzione, continuò a supplicare i tedeschi
di porre fine a quel barbaro massacro: fu risparmiato
e con lui, grazie alle sue preghiere, altri 37
ufficiali italiani sopravvissero.
Fu, per questo eroico comportamento, decorato con
medaglia d’argento.
Dopo quel tragico settembre del 1943, tutta la vita di
padre Romualdo Formato fu dominata dal ricordo di
quanto era successo sull’isola. Il suo unico
imperativo fu quello di restituire onore e gloria alle
9000 vittime della rappresaglia nazista. Incominciò a
raccogliere documenti e testimonianze, dando alle
stampe quasi a caldo un testo “L’eccidio di Cefalonia”
che, tenendo viva la memoria fin dai primi anni
all’indomani della tragedia (era il 1946), - ha
restituito a quei patrioti – come li ha chiamati il
Presidente della Repubblica – l’onore di aver dato
inizio alla Resistenza italiana, contro il nazismo e
il fascismo.
Vale la pena ricordare che fra quei soldati insieme al
sacerdote di Savignano Irpino ci furono anche soldati
i cui nomi portano vanto alla nostra Provincia.
Soldati che - come scriveva padre Formato - chiedono
qualcosa alla Patria: che il loro sacrificio non venga
dimenticato, che la loro memoria non venga
oltraggiata. Da chi oggi intende equiparare la vittima
e il carnefice, il torturato e il torturatore, chi
aveva torto con chi aveva ragione.
Nell’albo della gloria ci sono nomi di soldati irpini
- forse mai ricordati - che entrano di diritto nel
numero di quelli che con il loro martirio ci hanno
lasciato in eredità la nostra Costituzione. Il loro
ricordo è affidato alla nostra memoria.
Come padre Formato, anche l’avvocato Ermete Ferrara,
originario di Teora, fu decorato con medaglia
d’argento alla memoria, per aver combattuto con valore
contro i tedeschi ed essere stato fucilato, dopo aver
dato un contributo decisivo al combattimento. Il
sergente Raffaele Manzo ebbe l’onore della menzione
speciale alla memoria.
Tra gli irpini caduti a Cefalonia, Ermete Ferrara di
Teora, Giovanni Lo Moro di Monteverde, Raffaele Manzo
di Savignano, Rocco Massa di Avellino, Guido Pacia di
Avellino, Carmine Puzzio di Ariano Irpino, Angelo
Ruberto di Morra De Sanctis, Giacomo Sirignano di
Dentecane, Carmine Venezia di Cesinali, Elzeario
Vitale di Castelbaronia.
A tutti questi soldati - umili e sconosciuti eroi -
deve andare il nostro grazie e la nostra riconoscenza,
perché da essi abbiamo imparato che non c’è più cosa
più bella e più grande che difendere la propria
dignità di uomini liberi e donne libere. |