Alfonso Caccese – Mario 
                                            Sorrentino 
 
                                            
                                            
                                            LA 
                                            COMUNITA’ ROMANA DI TRESSANTI   
 
                                            
                                            
                                            
                                            
                                            PRESENTAZIONE 
 
                                            
                                            
                                            
											Raccogliamo e pubblichiamo questi 
                                            due scritti così come essi sono 
                                            stati redatti e lanciati nel vasto 
                                            iperspazio del Web tramite il sito “Irpino.it”. 
                                            Scritti che registrano quasi alla 
                                            lettera, oltreché i primi appunti, 
                                            anche i dialoghi e i discorsi tenuti 
                                            prima di tutto tra noi due autori e 
                                            poi tra noi con altri amici, durante 
                                            i sopralluoghi nel territorio di 
                                            Tressanti di Montecalvo, nell’agosto 
                                            2003. Segnatamente con Gianbosco M. 
                                            Cavalletti, Franco D’Addona e Franco 
                                            Cardinale. La genesi del primo scritto (“Anzano”) 
                                            è presto detta. Nell’udire un giorno 
                                            un certo nome, “Anzano”, uno di noi, 
                                            modesto praticante di linguistica 
                                            diacronica e di toponomastica, sentì 
                                            nel suo orecchio uno squillo di 
                                            campanello.
                                            Il proseguimento potrete trovarlo 
                                            nel primo capitolo della Parte 
                                            Prima.
                                            Nacque così la formulazione 
                                            dell’ipotesi principale della nostra 
                                            ricerca. Poi, il linguista, mentre 
                                            andava a spasso per campi arati in 
                                            quel di Pratola di Tressanti, 
                                            inciampò (letteralmente), e così 
                                            successe anche agli amici ricordati 
                                            sopra che erano con lui, in una 
                                            miriade di reperti sparsi tra le 
                                            zolle. Il linguista, a quel punto, 
                                            fu sospinto ad invadere il terreno 
                                            alieno dell’archeologo e , più 
                                            tardi, anche quello dell’epigrafista 
                                            latino. Ha fatto bene?
                                            Lui crede di aver soltanto supplito 
                                            alla palese incuria di altri 
                                            specialisti, forse più fortunati di 
                                            lui quanto a residenza prossima ai 
                                            luoghi, ma , molto probabilmente, 
                                            meno curiosi e amanti della comune 
                                            terra d’origine.
                                            Noi, per un certo verso, abbiamo 
                                            raccolto il testimone passatoci dai 
                                            benemeriti nostri antenati, i quali, 
                                            a partire da poco prima della fine 
                                            del XVIII sec. (Settecento) e sino 
                                            ai primi decenni del XX (Novecento), 
                                            trovarono, decifrarono e 
                                            denunciarono alle autorità preposte 
                                            dell’epoca il dissotterramento, a 
                                            Piano di Anzano e dintorni,  di 
                                            tanti reperti che noi, in vena di 
                                            scrivere in modo ricercato, abbiamo 
                                            chiamato “reperti litici 
                                            impreziositi da iscrizioni”. 
                                            Monumenti parlanti che sarebbero 
                                            diventati subito muti se non fossero 
                                            stati registrati, dopo la 
                                            segnalazione dei ritrovatori, nel
                                            Corpus Iscriptionum Latinarum (C.I.L.) 
                                            (v. Vol. IX, registr. con i nn. 
                                            1421, 1423, 1431,1434,1446, e altri 
                                            meno importanti), raccolta edita dal 
                                            grande Theodor Mommsen.
                                            I nomi dei benemeriti nostri 
                                            antenati che ritrovarono le lapidi 
                                            con le epigrafi latine sono: il 
                                            dott. Gaetano Rèndisi (ep. N. 1421, 
                                            su “Mefiti solvit”), l’arciprete 
                                            Donato D’Agostino ( ep. n. 1423), 
                                            Carlo Pizzillo (ep. n. 1434), 
                                            Giuseppe Pizzillo ( ep. n. 1446), 
                                            Nicolamaria Lanza (ep. non repertata 
                                            dal Mommsen, su “Ofillia 
                                            Quintilla”). (v. APPENDICE)
                                            
                                            
                                            Ma, ai nostri giorni, dove e in 
                                            quale stato sopravvivono le suddette 
                                            lapidi?
                                            Una è diventata lo scalino 
                                            risagomato e scempio di uno 
                                            scantinato di palazzotto in rovina 
                                            (la n. 1431), un’altra 
                                            l’incastonatura  di un muretto di 
                                            giardino (la n. 1446) (per lustro o 
                                            informazione ai passanti?), un’altra 
                                            il coperchio di una testa di fontana 
                                            a Pratola (non registrata). Quest’ultima, 
                                            almeno, è rimasta in prossimità del 
                                            sito originale anche se esposta alle 
                                            intemperie (vi si parla di un certo Q. F. Rufus, probabilmente Q. 
                                            Pompeus Q. f. Rufus , console 
                                            collega di Lucio Cornelio Silla 
                                            nell’88 a.C.?). Altre, 
                                            formuliamo questa pia e speranzosa 
                                            ipotesi, saranno forse depositate 
                                            negli scantinati di qualche museo 
                                            delle nostre parti, in attesa di 
                                            essere studiate. Volete sapere come terminano quasi 
                                            tutte le annotazioni latine apposte 
                                            dai curatori del C.I.L. alle 
                                            registrazioni  delle lapidi di 
                                            Tressanti?
                                            
                                            
                                             “Frustra quaesivit Dressel”. 
                                            Cioè, “Inutilmente ne andò in cerca 
                                            Dressel”. Dressel  era uno studioso 
                                            tedesco  collaboratore di Theodor 
                                            Mommsen, il curatore di quell’immensa 
                                            e quasi esaustiva raccolta di 
                                            iscrizioni latine ovunque trovate 
                                            nel vasto spazio su cui si espanse 
                                            la romanità.         
                                             
                                            
                                            
                                            Be’, noi crediamo di avere cercato 
                                            umilmente sulle orme del Dressel le 
                                            nostre lapidi, ma, speriamo, non 
                                            inutilmente, come accadde a lui.
                                            
                                            
                                            RINGRAZIAMENTI
                                            
                                            
                                            
                                            
                                            Ci sentiamo di ringraziare tutti i 
                                            residenti di Pratola e dintorni i 
                                            quali si sono detti certi che lì in 
                                            passato esisteva “un paese”. 
                                            Ringraziamo specialmente 
                                            l’informatore Agostino Lo Conte (Zi’ 
                                            Austine), il quale oltre a 
                                            comunicarci che il termine Anzano è 
                                            ancora usato è andato anche a 
                                            verificarlo presso altri residenti 
                                            di Tressanti. Ringraziamo anche 
                                            alcuni componenti della famiglia 
                                            De Furia di Tressanti i quali ci 
                                            hanno indicato con precisione il 
                                            confine in direzione di Pratola de La Macchia di Anzano. Altri 
                                            membri della famiglia 
                                            Lo Conte ci hanno indicato la 
                                            piccola altura denominata Casa di 
                                            la Corte e la presenza, a 
                                            livello di scantinato di nuove 
                                            costruzioni, di basolati.
                                            Una conferma sulla dispersione di 
                                            alcune importanti lapidi con 
                                            epigrafi provenienti da Tressanti è 
                                            stata data (a me M.S.) da 
                                            Gianbosco Cavalletti e da Franco D’Addona.
                                            Angelo Sorrentino mi ha messo (me 
                                            M.S.) in contatto con 
                                            l’informatore più importante: 
                                            Agostino Lo Conte (Zi’ Austine). Franco 
                                            Cardinale ci ha dato un’importante 
                                            aiuto accompagnandoci a  Macchia di 
                                            Anzano e realizzando molte foto che 
                                            corredano questa pubblicazione.
                                             
                                            Grazie anche a  Franco D’Addona  che 
                                            ci ha dato una preziosa  ed 
                                            importantissima foto. Ringraziamenti 
                                            anche a Roberto Padrevita, perché è 
                                            stato lui a parlarci del feudo degli 
                                            Anzani di Ariano, indicandocelo dal 
                                            terrazzo del Museo archeologico di 
                                            Ariano Irpino, che lui dirige e  si 
                                            trova proprio nel palazzo Anzani. 
                                            A.Caccese – M. Sorrentino 
                                            
                                            
                                            
                                            
                                            PARTE PRIMA – “ANZANO”, di M. 
                                            Sorrentino
                                            
												
                                             
                                            
                                            
                                            Cap. I - Ipotesi sul nome 
                                            della comunità romana 
                                            
                                            
                                            
                                            
                                            Ho 
                                            trovato sul sito “Irpino.it” di 
                                            Montecalvo Irpino, curato 
                                            egregiamente da Alfonso Caccese, 
                                            l’informazione sul ritrovamento, 
                                            come possiamo dire?, non abbastanza 
                                            recente (si tratta del 1911), di un 
                                            cippo funerario romano a Piano di 
                                            Anzano, in località Tressanti di 
                                            Montecalvo. Per quanto abbia 
                                            cercato, mi pare che, da allora e 
                                            sino ad oggi, quel ritrovamento così 
                                            importante non abbia suscitato echi.                          
                                             
            
                                            
                                            OFILLIA QVINTILLA HAVE ET TU QVI 
     LEGIS HAVE 
                   
                                            SI  NON FATORVM PRAEPOSTERA IVRA 
             
                                            
                                            FVISSENT MATER IN HOC TITVLO 
                                            
                                                           
                                            DEBVIT ANTE 
                 LEGI.
                                            
                                            
                                            
                                            Bellissimo, commovente epitaffio. E 
                                            il benemerito e fortunato 
                                            ritrovatore, il quale provvide 
                                            subito ad informare gli studiosi 
                                            dell'epoca, fu Nicolamaria Lanza, 
                                            nostro compaesano. Si tratta di una 
                                            ragazza sfortunata, forse morta di 
                                            parto (il suo primo, evidentemente, 
                                            se non poté essere chiamata madre). 
                                            Traduco letteralmente: “Salve Ofilia 
                                            Quintilla / e salve anche a te che 
                                            leggi. / Se i fati non fossero stati 
                                            stravolti / si sarebbe dovuto 
                                            leggere madre / a capo di questo 
                                            epitaffio.” Ma il mio interesse si è acceso per 
                                            un altro particolare della notizia. 
                                            Il nome 
											Anzano. Conosco 
                                            quella zona per averla visitata 
                                            insieme ad Angelo M. Siciliano. Vi è 
                                            un pianoro che è stato senza dubbio 
                                            la sede della centuriazione romana 
                                            di quelle terre, che mi sembrano 
                                            particolarmente fertili. Il primo 
                                            ragionamento deve essere questo: se 
                                            c’era una necropoli, e una necropoli 
                                            con epigrafi in lingua latina colta, 
                                            lì a ridosso c’era anche una 
                                            cittadina romana. Peccato però che 
                                            quelli della necropoli e gli altri 
                                            reperti siano stati dispersi e 
                                            dimenticati.
                                            Si sa che Silla, dopo la definitiva 
                                            sconfitta dei sanniti e dei loro 
                                            alleati, alla fine della Guerra 
                                            Civile, nell’ 82 a.C., lanciò una 
                                            vera e propria pulizia etnica
                                            ante litteram della tribù irpina, 
                                            facendo trucidare tutti i maschi, 
                                            inclusi i vecchi e i bambini, prima 
                                            di colonizzare forzosamente questo 
                                            nostro territorio. Distrusse Aeclanum sannita e la riedificò 
                                            romana, fondò allora, o altri romani 
                                            fondarono subito dopo, Ariano, 
                                            Savignano e Corsano (stando soltanto 
                                            nel nostro attuale circondario) e, 
                                            evidentemente anche un’altra 
                                            cittadina, nella zona che 
                                            attualmente si chiama Tressanti. Il 
                                            nome Anzano suona bene in 
                                            concomitanza con gli altri che ho 
                                            elencato prima. Sospetto che Anzano 
                                            sia stato il suo nome originale, se 
                                            non è stato dato da un cognome di 
                                            proprietario dei campi coltivati in 
                                            quel posto, in tempi più recenti. Ma 
                                            mi sembra improbabile, anche perché 
                                            eventuali cognomi simili potrebbero 
                                            derivare dal nome della comunità 
                                            romana e non inversamente (Alfonso 
                                            Caccese ha accertato che nei paraggi 
                                            vi sono dei cognomi nella forma “Anzani”, 
                                            ma Anzani è precisamente un genitivo 
                                            che potrebbe indicare la provenienza 
                                            della famiglia da un posto che nella 
                                            forma latina, al nominativo, era Antianus>*Anzanus). 
                                            Nel battezzare nuove centuriazioni o 
                                            colonie, i romani usavano quasi 
                                            sempre il nome proprio ( per 
                                            l’esattezza il gentilizio, o nome 
                                            tratto da quello della gens) 
                                            del console, del comandante o di 
                                            altro personaggio illustre che 
                                            prendeva possesso della quota più 
                                            importante della lottizzazione. 
                                            Mettiamo: Arrius, Sabinius, 
                                            Curtius, ne ricavavano 
                                            l’aggettivo prediale, cioè indicante 
                                            il possesso del territorio assegnato 
                                            (ager) e ne veniva fuori
                                            Ager Arrianus, Ager Sabinianus, Ager 
                                            Curtianus, poi diventati Ariano, 
                                            Savignano, Corsano, con la caduta, 
                                            per sottinteso, di Ager. E 
                                            Anzano? Da Ager Antianus, 
                                            che voleva dire Ager di Antius, nome gentilizio romano. 
                                            Come si vede, sto formulando 
                                            un’ipotesi argomentata sul nome 
                                            originale della cittadina romana che 
                                            si trovava a Tressanti. Una 
                                            ricostruzione che mi sembra 
                                            solidamente fondata  sul principio 
                                            ben presente agli studiosi di 
                                            toponomastica che possiamo chiamare 
                                            resistenza nel tempo dei nomi di 
                                            luoghi, resistenza che perdura anche 
                                            dopo la scomparsa delle comunità 
                                            designate da quei nomi. Anzano 
                                            potrebbe essere perciò un relitto 
                                            linguistico, che fa il pari con il 
                                            cippo trovato da Lanza, su un piano 
                                            solo apparentemente più solido. Il 
                                            nome ha sfidato i secoli, se 
                                            esisteva ancora nel 1911 (non so se 
                                            sopravvive tuttora in bocca ai 
                                            residenti del posto).
                                            
                                            
                                            Una prova di raffronto è data 
                                            dall’esistenza nella toponomastica 
                                            italiana di due paesi ancora abitati 
                                            che hanno lo stesso nome: Anzano di 
                                            Puglia (detto Irpino, sino al 1862), 
                                            in provincia di Foggia, e Anzano del 
                                            Parco, in provincia di Como. Questi 
                                            due toponimi sono stati ricostruiti 
                                            da noti studiosi  come Olivieri per 
                                            Anzano del Parco, e da Schulze e 
                                            Rohls, per Anzano di Puglia (v. 
                                            Dizionario di Toponomastica Italiana, 
                                            Utet, Torino, 1990.).
                                            
                                            
                                            Al confronto con Anzano il nome del 
                                            nostro Comune capoluogo, Montecalvo, 
                                            sfigura un po’, almeno per quanto 
                                            concerne l’antichità e la 
                                            correlazione al nome storico di un 
                                            fondatore. La mia ipotesi, 
                                            raffrontata sempre a studi di 
                                            toponomastica ben fondati, è che 
                                            indichi una comunità a cui non è mai 
                                            stato dato un nome diverso da quello 
                                            puramente geografico e descrittivo 
                                            dell’aspetto fisico del luogo. Forse 
                                            ciò è dipeso dal fatto che la nostra 
                                            comunità fu formata da gente che 
                                            arrivava alla spicciolata, in fuga 
                                            da eventi bellici o altri disastri, 
                                            come terremoti, pestilenze o altro, 
                                            gente di provenienza diversa, che 
                                            cercava protezione all’ombra del 
                                            castello normanno, dopo il Mille 
                                            (ciò non esclude una data di arrivo 
                                            anteriore per i primi gruppi) e a 
                                            mille e più anni dalla fondazione 
                                            della comunità che mi piace 
                                            senz’altro chiamare Anzano.
                                            
                                            
                                            Sempre su Montecalvo c’è da dire che 
                                            di posti chiamati così ve ne sono a 
                                            bizzeffe in Italia. E meno un altro 
                                            paio di comuni, tutti posti 
                                            spopolati e brulli. Uno, Monte 
                                            Calvello, guarda addirittura i 
                                            montecalvesi da sopra Casalbore. Un 
                                            altro è nei paraggi di Benevento. Un 
                                            altro ancora è nella Daunia. Ve ne 
                                            sono alcuni che anziché monti si 
                                            chiamano pizzi ma sono sempre calvi. 
                                            Sono nella quasi totalità luoghi 
                                            disboscati in varie epoche per 
                                            fornire legname per la costruzione 
                                            di flotte romane (v. oltre il 
                                            Cap.III di questa Parte Prima), per 
                                            ottenere pascoli (e in questo caso, 
                                            anziché al taglio, si ricorreva 
                                            all’incendio del bosco), per la 
                                            ripresa delle coltivazioni dopo il 
                                            Mille, ecc.  
          
                                            
                                            
                                            Peccato, perciò, che mai nessuno 
                                            abbia pensato di dare al nostro 
                                            paese un vero e proprio nome. Il 
                                            motivo fondamentale probabilmente è 
                                            stato che la gente che gradatamente 
                                            lo fondò veniva da comunità diverse, 
                                            aventi diversi nomi, e nessun gruppo 
                                            poté prevalere al punto di spuntarla 
                                            con il dare alla nuova comunità il 
                                            proprio nome di provenienza.
                                            
                                            
                                            Queste mie sono ovviamente ipotesi, 
                                            per quanto argomentate. Ma 
                                            dimostrare che sono infondate è 
                                            altrettanto difficile che dimostrare 
                                            il contrario. (Bologna, 2 luglio 2003)
                                            
                                            
                                            
                                            
                                            Cap. II – Conferma dell’ipotesi sul 
                                            nome.
                                            
                                            
                                            Dopo vari sopralluoghi fatti da me e 
                                            dall’amico Alfonso Caccese, come 
                                            anche da me in compagnia di 
                                            Gianbosco M. Cavalletti e Franco D’Addona, 
                                            sul luogo di Tressanti chiamato dai 
                                            residenti Pratola, sono 
                                            giunto alla conclusione che 
                                            l’ipotesi sul nome originale della 
                                            comunità romana – Anzano – sia 
                                            fondata su dati oltre che di 
                                            linguistica storia (v. supra
                                            Cap.I “Ipotesi…”), anche di 
                                            geografia paesaggistica e di 
                                            urbanizzazione antica. Pratola è un pianoro di circa 
                                            800 mt. di lato, diviso in quarti da 
                                            un incrocio ortogonale di vie di 
                                            campagna, probabilmente 
                                            corrispondenti ancora oggi al 
                                            decumano e al cardo massimo di un 
                                            insediamento romano. (Ad onor del 
                                            vero uno dei bracci della croce è 
                                            segnalato soltanto dalla diversità 
                                            colturale degli appezzamenti).
                                            L’orientamento delle due vie, non 
                                            essendoci stato possibile 
                                            verificarlo con strumenti quali 
                                            bussola o altro, ci è sembrato non 
                                            esattamente quello classico degli 
                                            accampamenti e delle centuriazioni 
                                            romane, cioè EST-OVEST e NORD-SUD. 
                                            Con approssimazione a occhio 
                                            sembrerebbe NORD/EST – SUD/OVEST e 
                                            SUD/EST – NORD/OVEST. Ma non ci 
                                            sentiamo di escludere un valore 
                                            molto più vicino all’orientamento 
                                            classico di quello che ci è parso a 
                                            noi. Notoriamente in molte 
                                            urbanizzazioni i gromatici ( gli 
                                            agrimensori romani ) adattarono lo 
                                            schema classico alla giacitura dei 
                                            suoli.
                                            Dall’informatore residente sino a 
                                            poco tempo fa in zona, sig. Agostino 
                                            Lo Conte, ho appreso che sia i suoi 
                                            genitori che altri agricoltori 
                                            vicini di Tressanti usarono e ancora 
                                            usano il toponimo Macchia di 
                                            Anzano. Questa informazione, 
                                            oltre che essere stata confermata 
                                            allo stesso Lo Conte dai suoi ex 
                                            vicini della campagna di Tressanti 
                                            durante un suo giro di visite fatto 
                                            appositamente per noi, è stato 
                                            confermato direttamente a me stesso 
                                            da un componente della famiglia De 
                                            Furia residente precisamente nel 
                                            luogo indicato con il suddetto 
                                            toponimo. Macchia di Anzano è 
                                            ancora usato per indicare il costone 
                                            che confina verso sud con il pianoro 
                                            da noi ritenuto il sito 
                                            dell’insediamento romano e che 
                                            attualmente viene denominato Pratola. Pratola indica chiaramente 
                                            che il luogo era coperto in una 
                                            certa epoca da prati (Pratola
                                            da “pratula”- Nom. pl. di “pratulum”) 
                                            Per me, lo è stato presumibilmente a 
                                            partire dall’abbandono della città, 
                                            a causa di un evento o serie di 
                                            eventi che ci sono sconosciuti, e 
                                            sino ad epoca relativamente recente 
                                            ( seconda metà del Settecento), 
                                            allorché il terreno è stato 
                                            dissodato di nuovo per la 
                                            coltivazione con aratri tirati da 
                                            pariglie di buoi. I prati 
                                            ricoprirono i ruderi della città e 
                                            il nuovo toponimo prese il posto di 
                                            quello classico, ma l’aratura a 
                                            scasso profondo fece riaffiorare, 
                                            anche se distruggendoli e 
                                            disperdendoli, i manufatti civili 
                                            dell’insediamento. A testimonianza 
                                            di ciò da allora sono stati fatti 
                                            numerosi ritrovamenti di lapidi, 
                                            laterizi, terraglie (lucerne ad 
                                            olio, giocattoli di terracotta, 
                                            ecc.) della città antica rimasta a 
                                            lungo sepolta sotto i campi a 
                                            pascolo. E i frammenti minuti di 
                                            tali manufatti ancora affiorano e 
                                            restano visibili tra le zolle di Pratola. Come ci ha testimoniato 
                                            un agricoltore della zona, che stava 
                                            appunto arando col trattore durante 
                                            un nostro sopralluogo, ancor oggi 
                                            non è possibile fare l’aratura a 
                                            scasso profondo oltre i 60 cm. 
                                            Perché oltre tale profondità cessa 
                                            la terra nera e soffice e il vomere 
                                            viene impegnato duramente da pietre 
                                            da costruzione e laterizi. La 
                                            sopravvivenza del toponimo soltanto 
                                            orale Macchia di Anzano 
                                            costituisce secondo me una prova più 
                                            che certa dell’esistenza del nome Anzano, anche se l’espressione 
                                            per intero si riferisce ad una zona 
                                            contermine a sud del pianoro su cui 
                                            sorgeva la comunità. Con buonissima 
                                            probabilità nel termine Macchia 
                                            resiste il ricordo tradizionale del Saltus (qui, bosco in quota) 
                                            che sovrastava l’area coltivata e 
                                            urbanizzata, secondo l’opposizione 
                                            funzionale ben nota ai paesaggisti 
                                            storici di Ager/Saltus.
                                            Fortunatamente, come attestano le 
                                            trascrizioni latine raccolte nel
                                            Corpus Iscriptionum Latinarum, è 
                                            rimasta una traccia certa dei 
                                            ritrovamenti in loco dei 
                                            reperti litici impreziositi da 
                                            iscrizioni. Purtroppo tali reperti 
                                            risultano quasi tutti scomparsi o 
                                            adibiti a usi, a dir poco, impropri 
                                            (v. supra Presentazione). Una menzione a 
                                            parte merita la sorte di una lapide 
                                            trovata a Tressanti, il cui 
                                            epitaffio è stato registrato nel 
                                            suddetto C.I.L. vol.IX, con 
                                            il n. 1431. Commissionato da un 
                                            certo C. Babidius Niger, in memoria 
                                            della sorella e della moglie morte 
                                            giovanissime, sopravvisse nella 
                                            forma irrimediabilmente mutila, e 
                                            come scalino di scantinato: 
 “…FRIA-Q-L-PHILUMINA 
                                            / VIXIT-ANN…/ C-BABIDI…/ 
                                            SOR…”
                                            
                                            
                                            Mentre l’originale era la seguente:
                                            
                                            
                                            
                                            
                                            BADINIA-C-L-PSYCHARIVM 
                                            VIXIT-ANN-XVI 
                                            FAFRIA-Q-L-PHILVMINA 
                                            VIXIT-ANN-XXVI 
                                            C-BABIDIUS-C-L-NIGER 
                                            
                                            
                                            SORORI-ET-VXORI-FECIT.
                                            
                                            
                                            La presenza  in posizione SUD/OVEST 
                                            di una eminenza del terreno che 
                                            potrebbe coprire dei ruderi 
                                            rilevanti viene denominata dai 
                                            residenti Casa di la Corte. 
                                            Secondo me (e spinto da una 
                                            intuizione di mia figlia Angela)  
                                            potrebbe trattarsi del presidio 
                                            militare fortificato. 
                                            La nostra ricostruzione fa risalire Corte a  cohors-cohorsis…-cohorte(m).
                                            (Montecalvo Irpino, 24 agosto 2003).
                                            
                                            
                                            
                                            
                                             
                                            
                                            
                                            
                                            Cap.III – Il fondatore, Anzio 
                                            Restione.
                                            
                                            
                                            Il fondatore di Anzano. Con 
                                            buonissime probabilità basate su 
                                            informazioni storiche scritte di 
                                            quel periodo (I° sec. a.C.) potrebbe 
                                            essersi trattato di Antius Restio 
                                            (-nis) o di suo figlio omonimo, C. Antius Restio. Il primo Antius era del partito di Silla 
                                            nella Guerra Civile, la quale finì 
                                            oltre che con la sconfitta di Mario 
                                            e dei soci italici, ( che ancora 
                                            resistevano ai romani dalla fine 
                                            della Guerra Sociale – 89 a.C. ) 
                                            anche con la definitiva conquista 
                                            del Sannio, in generale, e dell’Irpinia, 
                                            in particolare. Anzio Restione era 
                                            della Gens Antia, originaria 
                                            della città di Anzio, famiglia 
                                            diventata senatoria del partito 
                                            patrizio capitanato da Silla, e ciò 
                                            non esclude che egli abbia 
                                            partecipato alla spoliazione dell’Irpinia 
                                            da parte dei vincitori. 
                                            Probabilmente fondò sia l’attuale 
                                            Anzano di Puglia che il nostro 
                                            Anzano ubicato nell’attuale Pratola 
                                            di Tressanti. Creare nuove colonie, 
                                            e per giunta in territorio di ex 
                                            nemici non del tutto pacificati, non 
                                            veniva affidato al primo venuto. In 
                                            seguito sembra che il figlio di 
                                            Anzio abbia rotto con Silla o almeno 
                                            con il partito degli ottimati. Il 
                                            padre propose una legge “sumptuaria” 
                                            (questo genere di leggi erano 
                                            emanate contro il lusso e la 
                                            corruzione) in cui si proibiva ai 
                                            magistrati di partecipare a cene con 
                                            persone interessate all’attività 
                                            amministrativa o giudiziaria degli 
                                            stessi magistrati ( vecchia storia, 
                                            no?) (v. Gell. , N.A. 2,24,15).Il 
                                            figlio del nostro fondatore fu 
                                            lodato da Cicerone, sia pure con 
                                            allusione indiretta (IV, Ad Att.16) 
                                            e sembra che erigesse a suo padre 
                                            una statua, però a Cuma. Che la 
                                            famiglia abbia stabilito, dopo la 
                                            fondazione dei due Anzani del Sannio, 
                                            il suo centro in quella città? 
                                            Quante informazioni sono contenute 
                                            in un nome romano! Nel nostro caso, 
                                            specialmente nel soprannome. Per un 
                                            senatore sembra molto strano essere 
                                            soprannominato il “Cordaio”, o 
                                            Funaio, perché questo voleva dire “restio 
                                            – restionis…”
                                            
                                            
                                            Guardiamo la cosa più da vicino. Un 
                                            discendente della Gens Antia,
                                            famiglia proveniente da Anzio e 
                                            molto probabilmente sino a poco 
                                            prima abbastanza oscura perché 
                                            designata non da un nome personale 
                                            di capostipite ma soltanto da una 
                                            forma aggettivale di provenienza, 
                                            diventa ricco al punto che viene 
                                            accettato tra gli ottimati di Silla, 
                                            schierandosi con essi contro i 
                                            popolari di Mario (e i soci  italici 
                                            che ancora combattevano contro 
                                            Roma).
                                            Viene accettato prima lui e poi il 
                                            figlio omonimo nella classe 
                                            senatoria (v. Gell. 2, 24, 13
                                            e VISCONTI, Iconogra. Rom.) 
                                            acquistando evidentemente lo
                                            status superiore in quanto 
                                            cavaliere arricchito e per meriti 
                                            politici di partito. Bene, questo 
                                            senatore tollera e anzi trasmette al 
                                            figlio il soprannome di Cordaio. 
                                            Molto probabilmente, da vero
                                            parvenu, ne era orgoglioso 
                                            perché attestava le sue capacità di 
                                            riuscita nella vita. Il mestiere di 
                                            famiglia  in un porto importante 
                                            come Anzio era diventato una 
                                            attività di grande  manifattura. 
                                            Aveva permesso alla famiglia un 
                                            rapido arricchimento con la 
                                            fornitura di cordame alle flotte 
                                            militari e  commerciali che erano 
                                            varate in quel porto o lo toccavano 
                                            per viaggi e traffici. Quante 
                                            migliaia di navi costruirono, 
                                            usarono e distrussero i romani in 
                                            quel periodo in cui incominciava il 
                                            dominio pieno del Mediterraneo da 
                                            parte loro?
                                            
                                            
                                            Delle vicende politiche del primo 
                                            Anzio Restione e di suo figlio ho 
                                            già parlato. Ora seguiamoli nella 
                                            loro opera di colonizzazione in 
                                            Irpinia. Poteva un grande 
                                            imprenditore navale quale era molto 
                                            probabilmente Anzio Restione, 
                                            ritrovandosi in un territorio 
                                            collinare ricco di boschi primigeni, 
                                            quale doveva essere l’Irpinia di 
                                            allora, poteva questo armatore 
                                            senz’altro un po’ furbacchione, 
                                            disinteressarsi dello sfruttamento 
                                            dei boschi per il fabbisogno 
                                            crescente di legame per navi? Che i 
                                            boschi fossero rimasti sino ad 
                                            allora  intatti era dipeso dal fatto 
                                            che i nostri antenati irpini si 
                                            servivano di essi soltanto per 
                                            raccogliere legna da ardere, 
                                            allevare maiali allo stato brado, 
                                            adorare la dea della quercia Kerres (cfr. le tavole votive di 
                                            Agnone), e per poche altre attività 
                                            di sfruttamento primitivo, quando 
                                            non li distruggevano con gli incendi 
                                            per favorire l’espansione dei prati 
                                            da pascolo.
                                            La nuova colonia era una miniera 
                                            d’oro proprio per i suoi alberi, 
                                            grandi alberi centenari di cui 
                                            difficilmente oggi possiamo farci 
                                            un’idea, con sotto gli occhi la 
                                            misera vegetazione delle nostre 
                                            zone. Per averne un’idea, basta 
                                            visitare la foresta Umbra del 
                                            Gargano. L’ipotesi che i 
                                            colonizzatori si siano arricchiti 
                                            con gli alberi dei boschi vicino ad 
                                            Anzano potrebbe spiegare il relativo 
                                            benessere segnalato dal fatto che lì 
                                            venissero commissionate lapidi 
                                            costose per i defunti ed altro. 
                                            Restano del resto attestati molti 
                                            gentilizi illustri sulle lapidi 
                                            superstiti. Il taglio sistematico 
                                            degli alberi d’alto fusto, oltre a 
                                            spiegare l’origine dei tanti “montes 
                                            calvi” della zona (v. Cap. I), 
                                            spiega anche il relativo abbandono, 
                                            quasi desertificazione, dei nostri 
                                            monti più alti privati dei boschi. 
                                            Credo, inoltre, che non possa 
                                            esserci dubbio che quei fini e 
                                            cavillosi giuristi che erano gli 
                                            amministratori romani non abbiano 
                                            tralasciato di aver definito 
                                            giuridicamente la destinazione d’uso 
                                            del terreno boscoso e che 
                                            delimitandolo come Ager o Saltus Publicus ne abbiano 
                                            consentito lo sfruttamento da parte 
                                            dei privati contro il pagamento di 
                                            tributi al Fiscus. “Calvus” 
                                            era molto probabilmente il suggello 
                                            ufficiale che attestava il 
                                            definitivo disboscamento del monte o 
                                            colle così designato. Ipotesi queste 
                                            nostre, ma ragionate e appoggiate 
                                            alle poche tracce documentarie 
                                            scritte riguardanti il nostro 
                                            territorio fuori mano.  La Gens 
                                            Antia si ritirò a Cuma, dove il 
                                            figlio fece fare al padre una statua 
                                            di cui dovrebbe esserci traccia da 
                                            qualche parte (v. VISCONTI, 
                                            op. cit.) forse perché iniziava la 
                                            stagione dell’erezione di vaste villae da parte dei romani 
                                            ricchi nei bei posti della Campania 
                                            vicini al mare. Le ville, da grandi 
                                            aziende agricole che erano 
                                            all’inizio, diventarono ben presto 
                                            luoghi splendidi e lussuosi per la 
                                            villeggiatura e i piaceri. Ma anche 
                                            in questo caso, come si sa, a 
                                            sostegno dei piaceri doveva esserci 
                                            un’intensa produzione agricola 
                                            specializzata, oltre che una 
                                            produzione artigianale, affidata a 
                                            ciurme di schiavi. Gli schiavi 
                                            romani, gli antichi antenati dei
                                            servi del Medioevo. Ma questa è 
                                            un’altra storia. 
                                             
          
                                             
                                            
												
                                            PARTE 
                                            SECONDA  
                                            
                                            
                                            LA 
                                            VIABILITA’ COEVA AD ANZANO 
                                            - di  Alfonso 
                                             Caccese
                                            
                                            
                                            Cap.I  
                                            -  Da Roma a Benevento.
                                            
                                            
                                            L’immagine (1) costituisce lo schema 
                                            storico geografico  di quanto 
                                            esporrò nelle righe seguenti. Esso è 
                                            un triangolo ai cui vertici sono 
                                            localizzati i centri più importanti 
                                            per la nostra esposizione: Malventum 
                                            – Aeclanum – Aequum Tuticum.
                                            
                                            
                                            Lo studio del territorio e 
                                            l’intreccio degli antichi percorsi, 
                                            che tra  “selle e valli”, 
                                            s’inoltravano nella nostra zona, è 
                                            di fondamentale importanza per 
                                            determinare l’esistenza 
                                            d’insediamenti Romani, alcuni già 
                                            conosciuti altri da riscoprire, 
                                            tanto da farne uno dei punti  più 
                                            importanti geograficamente a Sud di 
                                            Roma. Si hanno notizie storiche, di 
                                            numerose altre civiltà che si sono 
                                            sviluppate e succedute, intorno alle 
                                            rive di questi  fiumi e delle valli, 
                                            già dal quarto millennio a.C . 
                                            Etruschi, Oschi  e  Sanniti - Irpini, 
                                            nelle varie epoche, hanno lasciato 
                                            copiose tracce delle loro civiltà. 
                                            Prima strada d’importanza massima 
                                            che arriva nel nostro territorio è 
                                            la Via Appia Antica. Fu la prima e 
                                            la più importante tra le grandi 
                                            strade costruite da Roma. Chiamata a 
                                            buon diritto la "regina viarum", 
                                            essa nacque alla fine del IV secolo 
                                            a.C. per mettere in diretta e rapida 
                                            comunicazione Roma e Capua. L'anno 
                                            di nascita della strada fu il 312: 
                                            quello in cui fu censore a Roma, 
                                            Appio Claudio il Cieco, il censore 
                                            che la fece costruire lasciandole il 
                                            proprio nome. L'ideazione seguì un 
                                            piano di concezione 
                                            sorprendentemente moderno, che 
                                            lasciava da parte i centri abitati 
                                            intermedi ( provvisti però di giusti 
                                            raccordi ) e mirava diritto alla 
                                            meta. La via fu perciò realizzata, 
                                            superando grosse difficoltà 
                                            naturali, come le Paludi Pontine, 
                                            con importanti opere d'ingegneria. 
                                            Il primo tratto, fino a Terracina, 
                                            era un lunghissimo rettifilo di 
                                            circa 90 chilometri, di cui gli 
                                            ultimi 28 fiancheggiati da un canale 
                                            di bonifica che consentiva di 
                                            alternare il tragitto in barca a 
                                            quello sul carro o a cavallo. Dopo 
                                            Terracina, la strada deviava verso 
                                            Fondi, quindi attraversava le 
                                            impervie gole di Itri e scendeva a 
                                            Formia e Minturno. Superata poi 
                                            Sinuessa (l'odierna Mondragone), con 
                                            un altro tratto rettilineo puntava a 
                                            Casilinum (l'odierna Capua), sul 
                                            Volturno, donde raggiungeva l'antica 
                                            Capua (oggi S.Maria Capua Vetere). 
                                            Il percorso totale era di 132 
                                            miglia, pari a Km. 195, e si 
                                            effettuava normalmente con 
                                            cinque/sei giorni di viaggio. Ed è 
                                            proprio in quegli anni (278 a.C.) 
                                            che Appio Claudio, avendo aperta, 
                                            per scopi innanzitutto militari, la 
                                            Via Appia, tuonava in senato contro 
                                            la pace con Pirro, sconfitto 
                                            definitivamente nel 275 a.C., a 
                                            Maleventum , dove nel 268 a.C, i 
                                            romani stabilirono una colonia  di 
                                            diritto latino col beneaugurante 
                                            nome di Benevento. La  conseguenza 
                                            fu un'ulteriore e definitiva 
                                            espansione di Roma nel Mezzogiorno, 
                                            e la Via Appia fu più volte 
                                            prolungata. Dapprima, subito dopo il 
                                            268 a.C. fino a Benevento, poi di là 
                                            dell'Appennino, fino a Venosa e 
                                            quindi a Taranto. Finalmente, nel II 
                                            secolo a.C. fu condotta fino a 
                                            Brindisi, porta dell'Oriente. 
                                             
                                            
                                            
                                            Cap.II - Da Benevento ad Aeclanum
                                            
                                            
                                            Sulla continuazione dell’antica “Via 
                                            Appia”, nella “ Valle Ufita 
                                            Fiumarella”, percorsa dalla “Via 
                                            Aurelia Aeclanensis”, confluente a 
                                            Herdoniae nella via Traiana, è 
                                            situata “Aeclanum”.
                                            Partendo da Benevento cosi il 
                                            poeta Orazio,( Le Satire, Lib.I, V) 
                                            nel suo viaggio “da Roma a 
                                            Brindisi”del 37 a.C.si esprime:
                                            
                                            
                                            ” 
                                            Incipit ex illo montis Apulia notos 
                                            ostentare mihi, quos torret Atabulus 
                                            et quos nunquam erepsemus, nisi nos 
                                            vicina Trivici villa recepisset 
                                            lacrimoso non sine fumo, udos cum 
                                            foliis ramos urente camino”.
                                            
                                            
                                             “A quel punto cominciano a 
                                            mostrarsi i monti a me ben noti 
                                            dell'Apulia, che sono bruciati dallo 
                                            scirocco e che mai noi avremmo 
                                            valicati, se non ci avesse ospitato 
                                            un casale vicino a Trevico e tutto 
                                            pieno di fumo da farci lacrimare, 
                                            perché il focolare bruciava ramaglie 
                                            umide e foglie”. 
                                             Aeclanum, città sicuramente 
                                            sannita, in seguito romanizzata dal 
                                            lento ma sistematico processo di 
                                            rimozione, nelle popolazioni sannite 
                                            (irpine), delle loro origini, 
                                            sostanziata nella “deductio 
                                            dell’Ager Taurisanus e della colonia 
                                            di Aeclanum, con la deportazione in 
                                            massa di un nucleo di “Ligures 
                                            Baebiani”costretti ad insediarsi nel 
                                            territorio sannita. Nell’82 a. C. 
                                            Silla, all’epilogo della Guerra 
                                            Civile, massacrò oltre 6.000 
                                            combattenti sanniti dopo la 
                                            battaglia di Porta Collina, e il 
                                            massacro continua in Irpinia (sino a 
                                            raggiungere una cifra stimata da 
                                            alcuni storici in 80.000 morti), 
                                            ”scatenando una vera e propria 
                                            pulizia etnica ante litteram 
                                            della tribù irpina, facendo 
                                            trucidare tutti i maschi, inclusi i 
                                            vecchi e i bambini, prima di 
                                            colonizzare forzosamente il nostro 
                                            territorio.  Distrusse Aeclanum sannita e la riedificò 
                                            romana, probabilmente risalente alla 
                                            stessa epoca la nascita di Ager 
                                            Arrianus, Ager Sabinianus, Ager 
                                            Curtianus   
                                            ( Ariano, Savignano e Corsano). 
                                             
                                            
                                            
                                            Cap.III - Da Benevento ad 
                                            AequumTuticum
                                            
                                            
                                            Il percorso della Via Appia antica, 
                                            dopo Benevento, diventata oramai 
                                            centro nevralgico di tutta l’Italia 
                                            peninsulare, fu però a poco a poco 
                                            sostituito da un itinerario 
                                            alternativo, più breve e più facile, 
                                            che attraversava tutta la Puglia 
                                            passando per Ordona, Canosa, Ruvo, 
                                            Bari ed Egnazia. Nei primi anni del 
                                            II secolo d.C. esso fu trasformato 
                                            in una vera e propria variante 
                                            dall'imperatore Traiano che le 
                                            aggiunse il suo nome. Essa 
                                            s’inoltrava tra i confini della 
                                            “valle del Calore” e la “valle del 
                                            Miscano”. Fiancheggiando il fiume si 
                                            snodava lungo i  pendii sotto 
                                            Buonalbergo ( antica Cluvia ) 
                                            e Casalbore, e costituiva, da 
                                            Benevento, la seconda parte 
                                            dell’itinerario  
                                            
                                            “ A Roma ad 
                                            Brundisum et Traiectum. Si 
                                            incrociava a monte di Buonalbergo e 
                                            Casalbore  con la “Via Herculia” ( 
                                            ramo superiore, da “Aufidena” ad 
                                            “Aequum Tuticum”), uno dei 
                                            centri Sannita più importante ed 
                                            antico, riconosciuto dal Mommsen 
                                            come il “Cardo viarum” a sud 
                                            di Roma più importante e per 
                                            l’“Itinerarium Antonini”( II°- III° 
                                            secolo d.c.), “terminale ed il 
                                            capolinea degli itinerari per esso 
                                            passanti”, lo storico  
                                            “Gran crocevia Centro – Meridionale” 
                                            .La Via Appia Traiana attraversava il 
                                            fiume in località S.Spirito. ( Il 
                                            ponte di S. Spirito, chiamato anche 
                                            Ponte del Diavolo, risalente al II 
                                            sec. d. C., si trova lungo il 
                                            tracciato della via Traiana, alla 
                                            confluenza del torrente Ginestra con 
                                            il fiume Miscano). 
                                            
                                            
                                            
                                            Con la nuova strada era possibile 
                                            andare da Roma a Brindisi in 13/14 
                                            giorni lungo un percorso totale di 
                                            365 miglia pari a poco meno di Km. 
                                            540. Ogni 7 o 9 miglia nei tratti 
                                            più frequentati (Km. 10/13) e ogni 
                                            10 o 12 miglia in quelli meno 
                                            importanti (Km. 14/17), si 
                                            allineavano lungo la strada. Le 
                                            stazioni di posta per il cambio dei 
                                            cavalli unitamente a luoghi di 
                                            ristoro e di alloggio per i 
                                            viaggiatori. In prossimità dei 
                                            centri abitati la strada era 
                                            fiancheggiata da grandi ville e 
                                            soprattutto da tombe e monumenti 
                                            funerari di vario genere. Dell'antica strada il tratto che da 
                                            Benevento, scavalcando l'Appennino, 
                                            conduceva a Venosa, è quello più 
                                            conosciuto. Il primo riferimento, 
                                            nella nostra zona, è il grandioso 
                                            Ponte Rotto, a dieci miglia 
                                            romane da Benevento in direzione di 
                                            Eclano, secondo quanto è segnato 
                                            nella Tabula Peutingeriana, la Via 
                                            Appia attraversava il Calore su un 
                                            ponte monumentale di cui ci restano 
                                            oggi le insigni vestigia nella 
                                            località  denominata Ponterotto, nei 
                                            pressi dell’odierna Apice, 
                                            denominazione che deriva appunto dai 
                                            detti ruderi grandiosi, 
                                            superava il fiume Calore a nord di 
                                            Castello del Lago al quale si giunge 
                                            lungo strade campestri e giunge, 
                                            dopo aver superato i casali Piatto e 
                                            Petraro, sotto Mirabella Eclano, da 
                                            dove coincide con l'attuale Via 
                                            Appia . La Via Appia, 
                                            in questa località distava, (circa 
                                            quattro miglia), dal nostro Anzano e 
                                            questo spiega più che 
                                            sufficientemente l'importanza 
                                            dell'ubicazione di questa comunità. 
                                            Anzano era molto più importante dei 
                                            centri che saranno romanizzati nella 
                                            valle del Miscano, perché prima di 
                                            tutto sorsero almeno duecento anni 
                                            dopo e poi perché i rapporti 
                                            nevralgici per avviare le guerre con 
                                            Taranto e poi conquistare l'Epiro e 
                                            la Grecia passavano dal vecchio 
                                            tracciato. Del resto, se si pensa  
                                            all'importanza di Benevento e di 
                                            Eclano, si capisce che la 
                                            traiettoria più rapida era per la 
                                            valle dell'Ufita. Probabilmente 
                                            luogo d’importanza strategica per le 
                                            centuriazioni romane per il 
                                            controllo del territorio ed 
                                            interesse economico, per la presenza 
                                            di terreno fertile da coltivare e 
                                            boschi primigeni da sfruttare per la 
                                            produzione di legnami e tutto quello 
                                            connesso all’industria bellica 
                                            dell’epoca. Punto strategico anche 
                                            dal punto di vista del traffico 
                                            commerciale per la sua equidistanza 
                                            tra il Tirreno e l’Adriatico. Dall’Ager 
                                            Antianus, infatti, era facile 
                                            raggiungere Aecae (Troia) e 
                                            la colonia romana di Lucera per poi  
                                            dirigersi a sud verso Brindisi e a 
                                            nord verso Pescara  
                                            ( Aternum ) e dall’altro versante, 
                                            raggiungere tutti i maggiori centri 
                                            esistenti a sud di Roma. 
                                             
                                            
                                            
                                            
                                            Cap. IV – Ipotesi finale
                                            
                                            
                                            Ad avvalorare l’importanza della 
                                            cittadina da noi individuata è la 
                                            scoperta d’epigrafi tombali e non, 
                                            che testimoniano il passaggio e la 
                                            permanenza di famiglie gentilizie 
                                            romane .  I riscontri e la 
                                            tipologia  del luogo, cosi come 
                                            riscontrato dal Sorrentino, 
                                            ne rafforzano l’ipotesi. 
                                            Un’ipotesi, che potrebbe in qualche 
                                            modo, preludere ad un nuovo 
                                            ragionamento sulla nascita e sulla 
                                            popolazione che dopo alcuni secoli 
                                            avrebbe occupato il colle di 
                                            Montecalvo. L’”Ager Antianus”
                                             è  circondato dall’Ager Curtianus 
                                            (Corsano), a poca distanza da “Forum 
                                            Novum”,(vicus di FornoNovo ), 
                                            presso il rione Sant'Arcangelo, 
                                            oltre Paduli, separato 
                                            da crinali dalla “Valle Ufita 
                                            Fiumarella”, ed in direzione 
                                            Nord-Ovest, dal colle montecalvese. 
                                             
                                            
                                            
                                            Raggiungibile tramite un sentiero, 
                                            tutt’altro che impervio per 
                                            l’epoca,  dopo circa un miglio, il 
                                            colle di Montecalvo,  offriva un 
                                            ottimo punto d’osservazione di tutta 
                                            la “Valle del Miscano”, e per 
                                            ragioni prettamente difensive o 
                                            forse, per eventi catastrofici, 
                                            quali terremoti e quant’altro, 
                                            anche  un ricovero sicuro alla 
                                            popolazione. In seguito disboscato, 
                                            per esigenze militari e commerciali, 
                                            diventa ”mons calvus “servirà  ad 
                                            erigere una  fortezza militare 
                                            difensiva, a difesa della “valle” le 
                                            cui tracce sono ancora riscontrabili 
                                            nelle antiche rovine del “ palazzo 
                                            ducale”. Con la caduta dell’impero 
                                            Romano, e l’avvento dei longobardi 
                                            inizia la fase di declino per queste 
                                            popolazioni costrette a riparare in 
                                            luoghi ove meglio difendersi dagli 
                                            invasori. E cosi anche per le genti  
                                            dell’“ager Antianus” inizia 
                                            l’emigrazione, e con molte 
                                            probabilità, insieme con altre genti 
                                            che risalivano la valle, si 
                                            arroccheranno in cima al colle di 
                                            Montecalvo dando origine ad una 
                                            nuova comunità che anche nel periodo 
                                            oscuro del Medioevo manterrà la sua 
                                            centralità rispetto agli altri 
                                            insediamenti diventati per lo più 
                                            centri di pastorizia o, addirittura 
                                            scomparsi nel nulla.  Questo è 
                                            quello che, alla luce di 
                                            ricognizioni fatte con criterio 
                                            scrupoloso e documentato, crediamo   
                                            poter dare per certo, anche se la 
                                            presenza dell’uomo nella “valle del 
                                            Miscano”, potrebbe avere un’origine 
                                            più lontana nel tempo. 
                                             
                                            
                                            
                                            
                                            CONCLUSIONI
                                            
                                            
                                            Gli autori sentono la necessità, nel 
                                            fare il punto alla fine di questi 
                                            due brevi studi – uno sul nome e sul 
                                            sito della comunità romana di 
                                            Tressanti, e l’altro sulla viabilità 
                                            che conduceva ad essa e da essa si 
                                            dipartiva – di esprimere il loro 
                                            convincimento su alcune realtà 
                                            incontrovertibili che nel corso di 
                                            queste loro ricerche sono venute 
                                            alla luce.
                                            
                                            
                                            Primo, Anzano è la traccia 
                                            evidente della penetrazione e della 
                                            “demarcazione” romana dell’Irpinia a 
                                            partire dall’82 a. C. 
                                            L’urbanizzazione di Tressanti 
                                            sorgeva in un punto nevralgico lungo 
                                            la fascia di comunicazione che 
                                            partendo da Benevento e proseguendo 
                                            lungo le valli del Calore, dell’Ufita 
                                            e dell’Ofanto consentì ai Romani
                                            
                                            
                                            -         
                                            
                                            
                                            di dividere in due il 
                                            territorio del Sannio, separando gli 
                                            Irpini rimasti ostili più a lungo 
                                            alla Repubblica di Roma (l’Irpino 
                                            Ponzio Telesino e il Lucano Marco 
                                            Lamponio minacciarono direttamente 
                                            Roma a Porta Collina, alla fine 
                                            della Guerra Civile (I° novembre 
                                            dell’82 a. C.), in un episodio di 
                                            guerra in cui i nostri antenati, 
                                            approfittando della guerra 
                                            fratricida tra mariani e sillani, 
                                            stavano per dare un colpo decisivo 
                                            ai loro nemici storici) dalle altre 
                                            tribù sannite del Nord e dai Lucani.
                                            
                                            
                                            -         
                                            
                                            
											
                                            di raggiungere l’Apulia lungo 
                                            la direttrice di attraversamento 
                                            appenninico più rapida, sino alla 
                                            creazione della variante di Traiano 
                                            dell’antica Appia, nel 117 d.C., 
                                            collegando Capua e Benevento, prima 
                                            di tutto ad Eclano, subito 
                                            ricostruita dai suoi distruttori e 
                                            conquistatori, e poi ai territori di 
                                            Lucera, Canosa, Taranto e Brindisi, 
                                            sino a prolungarsi logisticamente e 
                                            strategicamente con quell’altra 
                                            strada di penetrazione romana nei 
                                            territori macedoni e nel nord della 
                                            penisola greca verso l’Asia Minore 
                                            che era la 
                                            
                                            
											Egnatia;
                                            
                                            
                                            -         
                                            
                                            
											
                                            di domare e pacificare con 
                                            presidi militari consistenti il 
                                            territorio degli Irpini mediante la 
                                            creazione di vasti 
                                            
											
                                            latifundia 
                                            affidati a importanti personaggi 
                                            della parte sillana dotati di vaste 
                                            risorse economiche e 
                                            imprenditoriali, quale probabilmente 
                                            era anche il nostro Anzio Restione. 
                                            Come si sa, questi latifondi hanno 
                                            segnato in seguito per tanti secoli 
                                            il destino agrario e sociale del 
                                            nostro territorio.
                                            
                                            
                                            -         
                                            
                                            
                                            Sempre a questo proposito i 
                                            due autori ritengono che la 
                                            compresenza di due Anzani – uno nel 
                                            territorio di Tressanti (e 
                                            probabilmente all’inizio il più 
                                            importante come attestano il fatto 
                                            che si trovasse più vicino a Capua e 
                                            Benevento e soprattutto il 
                                            ritrovamento di reperti archeologici 
                                            più numerosi trovati a Tressanti e 
                                            attestati dalle iscrizioni nel C.I.L.) 
                                            e l’altro nel territorio dell’antico 
                                            Trevico – segnasse i due confini di 
                                            una vasta zona presidiata coperta da 
                                            boschi primigeni, la quale era 
                                            destinata a durare nella 
                                            toponomastica, sia dando nome alle 
                                            due urbanizzazioni suddette,  che al 
                                            latifondo coperto da alberi, come è 
                                            traccia nel nome del feudo alle 
                                            pendici di Ariano appartenuto più o 
                                            meno sino al XVII sec. ad una 
                                            famiglia che significativamente si 
                                            chiamava “Anzani”. (Il cui palazzo è 
                                            oggi sede del Museo Archeologico di 
                                            Ariano Irpino). Dello sparuto lembo 
                                            di bosco sopravvissuto sino ad oggi 
                                            e chiamato dai residenti di 
                                            Tressanti Macchia di Anzano 
                                            abbiamo gà detto al Cap. II della 
                                            Parte Prima.
                                            
                                            
                                            Secondo, giunti alla fine di 
                                            questo scritto, i due autori sperano 
                                            che esso possa essere soltanto il 
                                            primo di numerosi altri non 
                                            necessariamente redatti e editi 
                                            personalmente da loro, e si augurano 
                                            che si possa procedere con altri e 
                                            più ampi mezzi, come anche con 
                                            professionalità più specializzate e 
                                            ufficialmente competenti:
                                            
                                            
                                            -         
                                            
                                            
                                            alla sistematica ricerca di 
                                            paesaggistica e topografia storiche 
                                            del territorio da noi individuato 
                                            come fondamentale per la viabilità 
                                            romana degli ultimi anni della 
                                            Repubblica e sino alla realizzazione 
                                            della variante apportata da Traiano 
                                            all’Appia antica, nel 117 d.C.;
                                            
                                            
                                            -         
                                            
                                            
                                            la raccolta e la collocazione 
                                            sistematica pubblica, oltreché 
                                            decorosa, delle lapidi e degli altri 
                                            reperti archeologici trovati nel 
                                            territorio di Tressanti e dintorni, 
                                            oltre che ovviamente il loro studio 
                                            e la  decifrazione delle epigrafi 
                                            incise sulle lapidi:
                                            
                                            
                                            -         
                                            
                                            
                                            alla divulgazione anzitutto 
                                            alla popolazione di Tressanti della 
                                            conoscenza di questo nostro passato 
                                            storico importantissimo Sia detto 
                                            senza eccessiva boria e citando un 
                                            caro parente di uno di noi due, che 
                                            ultimamente negli Stati Uniti si è 
                                            preoccupato di rintracciare le 
                                            proprie radici, “Se non si sa che 
                                            cosa siamo stati non si sa nemmeno 
                                            dove stiamo andando”.
                                            Ora che le condizioni economiche di 
                                            questa nostra contrada, sia pure più 
                                            vistosamente sul versate arianese 
                                            che in quello montecalvese, sembrano 
                                            essere tornate  prospere, sarebbe un 
                                            vero peccato che le vestigia di 
                                            quella comunità che per noi si 
                                            chiamava ANZANO non venissero in 
                                            qualche modo rinverdite. 
                                             
                                            
                                            
                                            
                                            
                                            
                                            [1]
                                            
                                            
                                            
											Latifundia che erano 
                                            per un certo verso una novità voluta 
                                            da Silla nelle centuriazioni 
                                            tradizionali, come scrive uno 
                                            storico inglese, Robin Seager (v. 
                                            THE CAMBRIDGE ANCIENT HISTORY,
                                            The Last Age of the Roman Republic, Vol.IX, Ch. 6, Sulla, 
                                            pag. 204,
                                            
                                            
                                             “Some areas 
                                            which had been hostile were 
                                            physically and economically unsuited 
                                            to the development of urban 
                                            communities, for instance Bruttium, Lucania and some parts of 
                                            Samnium. Here… Sulla supporters’ 
                                            were allowed to amass large estates. 
                                            Apart from such grants, would-be 
                                            latifundists were often able to 
                                            acquire land illegally from the 
                                            veterans’ allotments, which  were 
                                            supposed to be inalienable.”).  
                                            
                                            
                                             APPENDICE
                                            
                                            
                                            Trascriviamo per comodità dei 
                                            lettori alcuni estratti di 
                                            registrazioni dal Corpus 
                                            Iscriptionum Latinarum, edito da 
                                            Theodor Mommsen, Lipsia, 1883. (v. 
                                            Vol. IX – XLII Aequum Tuticum S. 
                                            Magnum (propre Arianum) Forum Novum)
                                            
                                            
                                            …
                                            
                                            
                                            1421. Nel 
                                            tenimento di Montecalvo, nel luogo 
                                            detto S. Vito (quae aedicula est 
                                            propre Montecalvum Arianum versus 
                                            ) vigna del dott. Gaetano Rendisi. 
                                            ANON.: “Inscriptio cum thesaurum 
                                            nullum indicasset, a fassoribus 
                                            iratis confracta est” (Mia nota: i 
                                            cercatori di tesori  vedendo 
                                            che l’iscrizione non aveva svelato 
                                            alcun tesoro, ruppero la lapide)
                                            
                                            
                                            
                                            PACCIA-Q-F / QVINTILLA / (me)FITI –VOT 
                                            / (s)OLVIT
                                            
                                            
                                            Era 
                                            conservata dal dott. Rendisi, ma gli 
                                            invidiosi di Montecalvo, canonico 
                                            Zupo e suo fratello, con decreto 
                                            estorto, gliela ànno fatta deporre 
                                            sulla pubblica via, ove è stata 
                                            slabbrata nel cantone destro, ed è 
                                            rimasto FITI OLVIT, in luogo di 
                                            MEFITI SOLVIT. O’ ottenuto che si 
                                            conservasse (Lupoli, 1973 – Vitale, 
                                            1794)
                                            
                                            
                                             
                                            
                                            
                                            …
                                            
                                            
                                            1423 
                                            – In planta pedis fictilis litteris 
                                            cavis, Montecalvi rep. extat ibi 
                                            apud archipresbyterum Donatum 
                                            d’Agostino.
                                            
                                            
                                            
                                            Q-NOSTRI / SILVINI
                                            
                                            
                                            …
                                            
                                            
                                            1431 – Primo lapide a Montecalvo 
                                            Arianum versus rep. in loco q.d. Tre 
                                            Santi N.FALC. (Frustra quaesivit 
                                            Dressel)
                                            
                                            
                                            BADINIA – 
                                            C-L-PSYCHARIVM / VIXIT-ANN-XVI / 
                                            LAFRIA-Q-L-PHILVMINA / 
                                            VIXIT-ANN-XXVI
                                            
                                            
                                            C-BABIDIUS-C-L-NIGER / 
                                            SORORI-ET-VXORI-FECIT
                                            
                                            
                                            …
                                            
                                            
                                            1446 – Litteris elegantibus. Rep. 
                                            primo lapide a Montecalvo Irpino 
                                            Arianum versus in loco q. d. Tre 
                                            Santi, extat Montecalvi apud abbatem 
                                            Nicholaum Chiancone
                                            
                                            
                                            H-M-S-S-E-F-C / 
                                            P-SALLVVIVS-P-F-RUFVS-ET / 
                                            M-SALLVVIUS-P-F-COGITATVS / 
                                            P-SALLVVIO-P-F-RVFO-PATRI-ET / 
                                            SALLVVIAI-P-L-ITALIAI-MATRI / 
                                            MEMORES-PIETATIS-FILI-PARENTIBUS
                                            
                                            
                                            Recognovit Dressel – Iosepho 
                                            Pizzillo.
                                            
                                            
                                            Altre 
                                            trascrizioni di epigrafi mutili 
                                            trovate nella nostra zona non le 
                                            abbiamo ritenute importanti per il 
                                            nostro scritto.  
          
                                            
                                            
                                            
                                            
                                            Bibliografia di riferimento
                                            
                                            
                                            -         
                                            
                                            
                                            Corpus Iscriptionum 
                                            Latinarum, (C.I.L.), Lipsia 1883, 
                                            Vol.IX.
                                            
                                            
                                            -         
                                            
                                            
                                            
                                            Totius Latinitatis Lexicon 
                                            – Onomasticon, Prato, 1859 – 1867, 
                                            Vol.I.
                                            
                                            
                                            -         
                                            
                                            
											
                                            Dizionario di 
                                            Toponomastica, Utet, Torino, 1990.
                                            
                                            
                                            
                                            
                                            -         
                                            
                                            
                                            
                                            PLUTARCO, Vita di Silla, 
                                            Utet, Torino, 1993, Vol VI.
                                            
                                            
                                            -         
                                            
                                            
                                            
                                            AA.VV., Storia di Roma, 
                                            Einaudi, Torino, 1989, Vol.IV 
                                            “Caratteri e Morfologie”.
                                            
                                            
                                            -         
                                            
                                            
                                            
                                            E.T.SALMON, Il Sannio e i 
                                            Sanniti, Einaudi, Torino, 1985.
                                            
                                            
                                            
                                            
                                             -   
                                            J.-M. DAVID, "La Romanisation de 
                                            l'Italie", Flammarion, Paris, 1997
                                            
                                            
                                            -      
                                            ORAZIO, Satire, Lib.I, V.
          
 
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I visitatori dal 30/11/2002 
fino ad oggi sono      
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                                            6 Giugno 2004: 
                                             
                                            Presentazione 
                                            dell'opuscolo informativo sulla 
                                            "Comunità Romana di Tressanti",presso 
                                            l'Ente Rosa Cristini, per gentile 
                                            concessione del Parroco Don Teodoro 
                                            Rapuano  con l'introduzione del 
                                            Prof.Alberto De Lillo, consigliere 
                                            d'amministrazione dell'Ente. Nel  
                                            fare una breve cronistoria di questa 
                                            struttura, dalla fondazione ad oggi, 
                                            il Prof.De Lillo si è soffermato 
                                            sulla nuova trasformazione della 
                                            associazione che dovrà essere nei 
                                            prossimi anni centro di cultura e di 
                                            recupero delle tradizioni popolari 
                                            montecalvesi e non solo. Con 
                                            l'augurio e speranza che la 
                                            presentazione di questo opuscolo 
                                            informativo sulla "Comunità Romana 
                                            di Tressanti" sia la prima di una 
                                            lunga serie di conferenze che tanto 
                                            potranno dare alla collettività,ha 
                                            ringraziato tutti gli intervenuti e 
                                            dato inizio alla conferenza. 
                                              
                                            
                                            Illustrazione del 
                                            tema della conferenza da parte di 
                                            Mario Sorrentino. 
                                              
                                            
                                            
                                            Momento di 
                                            incontro con gli intervenuti alla 
                                            conferenza. 
                                            
                                            
                                            
                                              
                                            
                                            
                                              
                                            
                                            
                                              
                                            
                                              
                                            
                                            
                                            Il nostro collaboratore, Franco 
                                            D'Addona 
                                            
                                            
                                              
                                            
                                            Veduta di Montecalvo dalla 
                                            contrada "Pratola" 
                                            ( Anzano) 
                                              
                                            
                                            
                                              
                                            
                                            Coordinate del cardo massimo nella 
                                            zona di pratola 
                                            
                                            
                                              
                                              
                                            
                                            
                                              
                                            Moneta antica di Antius Restio 
                                              
                                            
                                            
                                              
                                            Linea di confine del "Decumano di 
                                            Anzano" 
                                            
                                            
                                              
                                            Crocevia di Pratola 
                                            
                                            
                                              
                                            Caratteristica della 
                                            centuriazione 
                                            
                                              
                                            
                                            Momenti di ricognizione sul luogo 
                                            da parte dei  nostri 
                                            collaboratori:Francesco Cardinale, 
                                            Mario Sorrentino. 
                                            
                                            
                                              
                                            
                                            
                                              
                                            Schema storico geografico della 
                                            Via Appia. 
                                            
                                              
                                            
                                            
                                            
                                              
                                            
                                              
                                            
                                              
                                            
                                            
                                              
  
                                            
                                              
                                            Epigrafe trovata sul luogo della 
                                            ricognizione. 
                                            
                                            Fontana di Pratola dove è ubicata 
                                            l'epigrafe. 
                                            
                                            Ruderi del ponte sul calore in 
                                            località Ponterotto 
                                            
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