LA COMUNITA’ ROMANA  DI TRESSANTI


 

Riportiamo di seguito la presentazione di una ricerca storica , riguardante l'esistenza di una comunità romana in territorio montecalvese, che sarà oggetto di prossima pubblicazione.
 

                    PRESENTAZIONE

Raccogliamo e pubblichiamo questi due scritti così come essi sono stati redatti e lanciati nel vasto iperspazio del Web tramite il sito “Irpino.it”. Scritti che registrano quasi alla lettera, oltreché i primi appunti, anche i dialoghi e i discorsi tenuti prima di tutto tra noi due autori e poi tra noi con altri amici, durante i sopralluoghi nel territorio di Tressanti di Montecalvo, nell’agosto 2003. Segnatamente con Gianbosco M. Cavalletti, Franco D’Addona e Franco Cardinale.

 

La genesi del primo scritto (“Anzano”) è presto detta. Nell’udire un giorno un certo nome, “Anzano”, uno di noi, modesto praticante di linguistica diacronica e di toponomastica, sentì nel suo orecchio uno squillo di campanello. Il proseguimento potrete trovarlo nel primo capitolo della Parte Prima.

Nacque così la formulazione dell’ipotesi principale della nostra ricerca. Poi, il linguista, mentre andava a spasso per campi arati in quel di Pratola di Tressanti, inciampò (letteralmente), e così successe anche agli amici ricordati sopra che erano con lui, in una miriade di reperti sparsi tra le zolle. Il linguista, a quel punto, fu sospinto ad invadere il terreno alieno dell’archeologo e , più tardi, anche quello dell’epigrafista latino. Ha fatto bene?

Lui crede di aver soltanto supplito alla palese incuria di altri specialisti, forse più fortunati di lui quanto a residenza prossima ai luoghi, ma , molto probabilmente, meno curiosi e amanti della comune terra d’origine.

Noi, per un certo verso, abbiamo raccolto il testimone passatoci dai benemeriti nostri antenati, i quali, a partire da poco prima della fine del XVIII sec. (Settecento) e sino ai primi decenni del XX (Novecento), trovarono, decifrarono e denunciarono alle autorità preposte dell’epoca il dissotterramento, a Piano di Anzano e dintorni,  di tanti reperti che noi, in vena di scrivere in modo ricercato, abbiamo chiamato “reperti litici impreziositi da iscrizioni”. Monumenti parlanti che sarebbero diventati subito muti se non fossero stati registrati, dopo la segnalazione dei ritrovatori, nel Corpus Iscriptionum Latinarum (C.I.L.) (v. Vol. IX, registr. con i nn. 1421, 1423, 1431,1434,1446, e altri meno importanti), raccolta edita dal grande Theodor Mommsen.

I nomi dei benemeriti nostri antenati che ritrovarono le lapidi con le epigrafi latine sono:

il dott. Gaetano Rèndisi (ep. N. 1421, su “Mefiti solvit”), l’arciprete Donato D’Agostino ( ep. n. 1423), Carlo Pizzillo (ep. n. 1434), Giuseppe Pizzillo ( ep. n. 1446), Nicolamaria Lanza (ep. non repertata dal Mommsen, su “Ofillia Quintilla”). (v. APPENDICE)

Ma, ai nostri giorni, dove e in quale stato sopravvivono le suddette lapidi? Una è diventata lo scalino risagomato e scempio di uno scantinato di palazzotto in rovina (la n. 1431), un’altra l’incastonatura  di un muretto di giardino (la n. 1446) (per lustro o informazione ai passanti?), un’altra il coperchio di una testa di fontana a Pratola (non registrata). Quest’ultima, almeno, è rimasta in prossimità del sito originale anche se esposta alle intemperie (vi si parla di un certo Q. F. Rufus, probabilmente  Q. Pompeius Q. f. Rufus , console collega di Lucio Cornelio Silla nell’88 a.C.?). Altre, formuliamo questa pia e speranzosa ipotesi, saranno forse depositate negli scantinati di qualche museo delle nostre parti, in attesa di essere studiate.

Volete sapere come terminano quasi tutte le annotazioni latine apposte dai curatori del C.I.L. alle registrazioni  delle lapidi di Tressanti?

 “Frustra quaesivit Dressel”. Cioè, “Inutilmente ne andò in cerca Dressel”. Dressel  era uno studioso tedesco  collaboratore di Theodor Mommsen, il curatore di quell’immensa e quasi esaustiva raccolta di iscrizioni latine ovunque trovate nel vasto spazio su cui si espanse la romanità.         

Be’, noi crediamo di avere cercato umilmente sulle orme del Dressel le nostre lapidi, ma, speriamo, non inutilmente, come accadde a lui.

M.Sorrentino - A.Caccese

IPOTESI SUL NOME DELLA COMUNITA’ ROMANA
DI TRESSANTI

 Ho trovato sul sito “Irpino.it” di Montecalvo Irpino, curato egregiamente da Alfonso Caccese, l’informazione sul ritrovamento, come possiamo dire?, non abbastanza recente (si tratta del 1911), di un cippo funerario romano a Piano di Anzano, in località Tressanti di Montecalvo. Per quanto abbia cercato, mi pare che, da allora e sino ad oggi, quel ritrovamento così importante non abbia suscitato echi.

L’epitaffio inciso sul cippo è questo:

OFILLIA QVINTILLA HAVE ET TU QVI

LEGIS HAVE

SI NON FATORUM PRAEPOSTERA IVRA

FVISSENT MATER IN HOC TITVLO

DEBUIT ANTE

LEGI

E’ un bellissimo, commovente epitaffio. E il benemerito e fortunato ritrovatore, il quale provvide subito ad informare gli studiosi dell’epoca, fu  Nicolamaria Lanza, nostro compaesano. Si tratta di una ragazza sfortunata, forse morta di parto (il suo primo, evidentemente, se non poté essere chiamata madre). Traduco letteralmente: “Salve Ofilia Quintilla / e salve anche a te che leggi. / Se i fati non fossero stati stravolti / si sarebbe dovuto leggere / madre / a capo di questo epitaffio.”

Ma il mio interesse si è acceso per un altro particolare della notizia. Il nome Anzano. Conosco il Piano di Anzano per averlo visitato insieme ad Angelo M. Siciliano. E’ stata senza dubbio la sede della centuriazione romana di quelle terre, che mi sembrano particolarmente fertili. Il primo ragionamento deve essere questo: se c’era una necropoli, e una necropoli con epigrafi in lingua latina colta, lì a ridosso c’era anche una cittadina romana. Peccato però che la necropoli e gli altri reperti archeologici siano stati dispersi e dimenticati.

Si sa che Silla, dopo la definitiva sconfitta dei Sanniti e loro alleati, alla fine della Guerra Sociale, nell’ 82 a.C., lanciò una vera e propria pulizia etnica ante litteram della tribù irpina, facendo trucidare tutti i maschi, inclusi i vecchi e i bambini, prima di colonizzare forzosamente il nostro territorio. Distrusse Aeclanum sannita e la riedificò romana, fondò allora, o subito dopo, Ariano, Savignano e Corsano e, evidentemente, anche la cittadina di Tressanti. Il nome Anzano suona bene in concomitanza con gli altri che ho elencato prima. Sospetto che Anzano sia stato il suo nome originale, se non è stato dato da un cognome di proprietario dei campi coltivati in quel posto, in tempi più recenti, ma mi sembra improbabile, anche perché eventuali cognomi simili potrebbero derivare dal nome della comunità romana e non inversamente (Alfonso Caccese mi ha detto che vi sono nei paraggi dei cognomi nella forma Anzani, ma Anzani è precisamente un genitivo che potrebbe indicare la provenienza della famiglia da un posto chiamato Anzano).        

Nel battezzare nuove centuriazioni, i romani usavano il nome proprio del console, del comandante o di altro personaggio illustre che prendeva possesso della quota più importante della lottizzazione. Mettiamo: Arrius, Sabinius, Curtius , ne ricavavano l’aggettivo prediale, cioè indicante il possesso del territorio (ager) e ne veniva fuori: Ager Arrianus, Ager Sabinianus, Ager Curtianus, poi diventati Ariano, Savignano, Corsano, con la caduta, per sottinteso, di Ager. E Anzano? Da Ager Antianus, che voleva dire Ager di Antius, nome proprio romano. Come si vede, sto formulando un’ipotesi argomentata sul nome originale della cittadina romana di Tressanti. Una ricostruzione che mi sembra ben fondata sul principio ben presente agli studiosi di toponomastica che possiamo chiamare resistenza nel tempo dei nomi di luogo, resistenza che spesso perdura anche dopo la scomparsa delle comunità designate da quei nomi. Anzano potrebbe essere perciò un relitto linguistico – che fa il pari con il cippo trovato da Lanza, su un altro piano solo apparentemente più solido – Ha sfidato i secoli, se esisteva ancora nel 1911 (non so se sopravvive tuttora in bocca ai residenti del posto).
Una prova di raffronto è data dall’esistenza nella toponomastica italiana di due paesi ancora abitati che hanno lo stesso nome: Anzano di Puglia, in provincia di Foggia, e Anzano del Parco, in provincia di Como. Questi due toponimi sono stati ricostruiti da studiosi prestigiosi come Olivieri, per Anzano del Parco, e da Schulze e Rohls, per Anzano di Puglia (v. Dizionario di Toponomastica italiana, Torino, 1990).
E Montecalvo? Il suo nome, cioè. La mia ipotesi, fondata sempre su solidi studi di toponomastica, è che indichi una comunità a cui non è mai stato dato un nome diverso da quello puramente geografico e fisico del luogo, forse perché la nostra comunità fu formata da gente che arrivava alla spicciolata, in fuga da eventi bellici o altri disastri, come terremoti o altro, gente di provenienze diverse, che cercava protezione intorno al castello normanno, dopo il Mille (ciò non esclude una data di arrivo anteriore) e a più di mille anni dalla fondazione della comunità che mi piace chiamare senz’altro Anzano.

Di posti chiamati “Montecalvo” ve ne sono a bizzeffe in Italia. E meno un altro paio di paesi, tutti posti spopolati e brulli. Uno, Monte Calvello, addirittura guarda i montecalvesi da sopra Casalbore. Un altro è nei paraggi di Benevento. Un altro nella Daunia. E perfino qui a Bologna vi è un colle che si chiama così e a me piace scherzare con mia moglie, quando mi accingo a fare un giro in bicicletta, dicendole con distacco: “Be’, io me ne vado un po’ a Montecalvo”. Sono nella quasi totalità luoghi disboscati in varie epoche per fornire legname alle flotte romane, per ottenere erba da pascolo (e in questo caso, anziché al taglio, si ricorreva all’incendio del bosco), per la ripresa delle coltivazioni dopo il Mille, ecc. Peccato, perciò, che mai nessuno abbia pensato di dare al nostro paese un vero e proprio nome. Il motivo fondamentale probabilmente è stato che la gente che lo fondò veniva da comunità diverse, aventi diversi nomi, e nessun gruppo poté prevalere al punto di spuntarla con il dare alla nuova comunità il proprio nome di provenienza,

Queste mie sono ovviamente soltanto ipotesi, per quanto argomentate. Ma dimostrare che sono infondate è altrettanto difficile che dimostrare il contrario. 

M.Sorrentino

Nota di conferma riguardante l’ipotesi del nome della comunità romana a Tressanti.

 

Dopo vari sopralluoghi fatti da me e dall’amico Alfonso Caccese, nonché da me in compagnia di Gianbosco M. Cavalletti e Franco D’Addona, sul luogo di Tressanti chiamato dai residenti Pratola, sono giunto alla conclusione che l’ipotesi sul nome originale della comunità romana – Anzano - sia fondata su dati oltre che di linguistica storica (v.”Ipotesi”,supra), anche  di geografia paesaggistica e urbanizzazione antica.

Pratola è un pianoro di circa mt. 800 di lato, diviso in quattro quarti da un incrocio ortogonale di due vie di campagna, probabilmente corrispondenti al decumano e al cardo massimo di un insediamento romano (Ad onor del vero uno dei bracci è segnalato soltanto dalla diversità colturale degli appezzamenti ).

L’orientamento delle due vie, non essendo stato possibile verificarlo con strumenti quali bussola o altro, ci è sembrato non esattamente quello classico degli accampamenti e delle centuriazioni romane, cioè  EST-OVEST e NORD-SUD. Con approssimazione ottica sembrerebbe invece NORD/EST – SUD/OVEST e  SUD/EST – NORD/OVEST.



Dall’informatore residente ancora in zona, sig. Agostino Lo Conte, ho appreso che sia i suoi genitori che altri vicini di Tressanti usarono ed ancora usano il toponimo Macchia di Anzano per indicare il costone che attualmente confina con il pianoro da noi ritenuto il sito dell’insediamento romano e che attualmente viene denominato Pratola.

Pratola indica chiaramente che il luogo era coperto in una certa epoca da prati. Per me, lo è stato presumibilmente a partire dall’abbandono della città (a causa di un evento o serie di eventi che ci sono sconosciuti) e sino ad epoca relativamente recente (seconda metà del Settecento) allorché il terreno è stato dissodato di nuovo per la coltivazione. L’aratura a scasso profondo ha perciò dissotterrato, distrutto e disperso i manufatti civili dell’insediamento. A testimonianza di ciò, da allora, sono stati fatti numerosi ritrovamenti di lapidi, laterizi, terraglie e altri oggetti (lucerne ad olio, giocattoli di terracotta, ecc.) della città antica, rimasta a lungo sepolta sotto i campi a pascolo. E i frammenti minuti di tali manufatti ancora affiorano e restano visibili tra le zolle di Pratola. L’attuale relitto toponomastico Macchia di Anzano costituisce secondo me una prova più che certa sul l’esistenza del nome Anzano, anche se l’intera espressione si riferisce ad una zona contermine a sud del pianoro su cui sorgeva la comunità. Con ogni probabilità nel termine Macchia resiste una sopravvivenza del Saltus (bosco in quota) che sovrastava l’area coltivata e urbanizzata (secondo l’opposizione funzionale ben nota di Ager/Saltus).  

Fortunatamente, come attestano le trascrizioni latine raccolte nel Corpus Iscriptionum Latinarum, è rimasta una traccia certa dei ritrovamenti in loco dei reperti litici impreziositi da iscrizioni. Purtroppo tali reperti risultano quasi tutti scomparsi o adibiti a usi impropri (soglie di scantinati, incastonature di muretti. ecc.). Una menzione a parte merita la sorte di una lapide trovata a Tressanti, il cui epitaffio è stato registrato nel suddetto C.I.L. v. IX , con il n.1431. Commissionato da un certo C.Babidius  Niger, in memoria della sorella e della moglie  morte giovanissime, sopravvive nella forma irrimediabilmente mutila:
”…FRIA-Q-L-PHILUMINA / VIXIT-ANN…/ C.BABIDI…./SOR….”. Mentre  l’iscrizione originale era la seguente: “BADINIA – C – L –PSYCHARIUM / VIXIT – ANN – XVI / LAFRIA – Q – L – PHILUMINA / VIXIT – ANN- XXVI / C – BABIDIUS – C- L – NIGER / SORORI – ET – UXORI – FECIT “.

Ma altre importanti epigrafi hanno subito lo stesso misero destino, seppure si trovano da qualche parte.( V.in C.I.L. v.IX, nn.1421,1423,1446.).La presenza in posizione SUD/OVEST di una eminenza del terreno che viene denominata Casa di la Corte, potrebbe segnalare ruderi sepolti  del presidio militare fortificato.(La nostra ricostruzione fa risalire  Corte a  Cohors- Cohortis…- Cohorte(m).
Mi sento di ringraziare soprattutto l’amico Alfonso Caccese, che ha collaborato con me dall’inizio di questa ricerca e che, nel secondo sopralluogo fatto a Pratola, ha raccolto, insieme a me la testimonianza di alcuni residenti i quali tutti si sono detti certi che in passato esistesse un “paese” nel sito di Pratola. Ringrazio inoltre  gli informatori locali Agostino Lo Conte, il quale mi ha confermato la sopravvivenza del termine Anzano e Enrico Lo Conte, ringrazio inoltre l'amico Franco Cardinale per le fotografie e disponibilità.Una conferma ulteriore sulla dispersione di alcune importanti epigrafi provenienti da Anzano mi è stata data da Gianbosco M. Cavalletti e Franco D’Addona . Angelo Sorrentino mi ha messo in contatto con l’informatore più importante: Agostino Lo Conte.

Una ulteriore ricerca sul perché i romani scelsero esattamente il sito attualmente denominato Pratola per la loro centuriazione  a Tressanti sarà fornita da uno studio da pubblicare in altre pagine del sito Internet e riguarderà la viabilità coeva all’insediamento. La ricerca e la sua divulgazione   saranno opera di Alfonso Caccese. 

 

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