Lo fece, egli,
in vita, con l’eccezionalità degli eventi di cui, con i defunti,
fu protagonista. Con i doni divini affascinò i suoi contemporanei
e, con l’eco di essi, rapì la mente ed il cuore di un futuro papa.
Mons. Gioacchino
Pecci, che nel 1838 aveva aperto il processo apostolico
beneventano per la beatificazione dello scolopio Pompilio Maria
Pirrotti, confessò, circa sessant’anni dopo, di essersene
assicurato, sin d’allora, il patrocinio quotidiano. La voce dei
defunti, che come viventi recitarono il Santo Rosario per il
suffragio della loro anima, come sacra leggenda ai posteri
tramandata, indusse ad una profonda riflessione il Pontefice Leone
XIII che nel 1899, a questo proposito, scrisse I testimoni udimmo,
esaminati, furon chiari i prodigi. Lo stesso mistero costrinse al
confronto gli attori del processo di canonizzazione che, caso
forse unico nella storia della Chiesa, su di esso dovettero
ufficialmente esprimersi. E’ storia dei nostri giorni: la statua
di Mamma Bella dell’Abbondanza, l’affetto terreno più caro di S.
Pompilio, reca immagine di un teschio nella pupilla del suo occhio
destro.
Un Mistero
esaltante, l’ha definito l’arcivescovo metropolita di Benevento,
mons. Serafino Sprovieri.
Ma San Pompilio,
come tutti i santi, non fu il Santo la Morte, al contrario, fu
l’araldo del Sacro Cuore di Gesù, , nell’Eucaristia fu il suo
amante bello, e fu l’innamorato : Donna che della morte non ha
conosciuto la corruzione.
Se teschi con
lui parlarono, dunque, non potettero che : di vita, quella eterna:
quindi di Dio.
Riflessione,
grave ed urgente, è quella oggi richiesta ai depositari della
Sacra Immagine: se di vero segno si raua. l’indifferenza sarebbe
la colpa più grave: i defunti attendono le preghiere dei vivi.
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