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 Con Decreto Prefettizio 31 Maggio 1864 è stato conceduto al Comune di Montecalvo Irpino il trasferimento del mercato settimanale che si celebra colà nel giorno di Sabato alla Domenica, giusta la Deliberazione del Consiglio Municipale del 23 Novembre  1863 .

 

Ancora una volta le sacre scritture di archivio, ci vengono in soccorso per portare un po’ di luce nel fatuo regno della stupidità, pianta sempre verde, mercanzia a buon mercato. Come non rilevare che il mercato settimanale, portato al Mercoledì, sia solo un episodio di una storia infinita, di una sana evoluzione commerciale. Si sa per certo che il Mercato settimanale di Montecalvo, almeno fino al 23 Novembre (data fatidica) 1863 è stato effettuato il Sabato, per essere poi spostato alla Domenica. Questi pochi dati basterebbero a giustificare ogni ipotesi di cambiamento, come a zittire la voce di tanti banditori, che accampano e sventolano motivazioni storiche e culturali, dimenticando che questi valori non possono essere mercanteggiati o sviliti. Va detto, che per il passato, vi è stato un adeguamento costante delle Fiere e mercati alle mutate ed evolutive esigenze dei Montecalvesi.( cfr. Fiera di Santa Caterina 20/21e22 Novembre).

La fine del mercato settimanale ha avuto inizio, allorché il Comune di Montecalvo acconsentì (parere obbligatorio e vincolante del Consiglio Comunale) a che il vicino-confinante Comune di Ariano Irpino, esercitasse e spostasse il mercato settimanale nello stesso giorno (Mercoledì) di quello montecalvese, decretando, in tal modo, una lenta inesorabile agonia commerciale prima e ristorativa poi. ( A parte qualche isolato cittadino o inascoltato commerciante nessuno manifestò il proprio dissenso). Un errore strategico e una prima manifestazione negativa di vassallaggio elettorale , vero cancro di un paese, che perde peso politico col perdere residenti, in una sorta di corsa all’autolesionismo o  masochismo mentalpedevolutivo. Il mercato settimanale montecalvese, appare come un mercato cadetto, limitato nei consumi e nell’offerta, con una disposizione inconcorrenziale delle bancarelle ,senza prospettive di sviluppo, in una perversa logica del tanto meno-tanto meglio.

Che fare ? Difficile dirlo! Spostare il mercato? Ormai oltre che tardi, è inutile ! Cambiare il giorno ? A che serve !

Sulla politica commerciale del paese, dovrebbe ascoltarsi principalmente la voce dei cittadini e non quella dei commercianti, essendo del tutto sciocchevole pensar di far progettare il gallinaio alle volpi. Da tempo, molte amministrazioni comunali, sulla scorta degli intendimenti di governo e del Parlamento stanno favorendo la liberalizzazione commerciale, senza i laccioli delle chiusure, degli orari,dei riposi, delle distanze e di tutte quelle inutili regole che hanno alimentato il sottobosco dei consulenti e praticoni del cas-so(errore voluto), vero unico  male allo sviluppo. Ha un senso, che un paese che si propone ad un turismo religioso, culturale e paesaggistico, trovi tutte le attività negoziali chiuse proprio il giorno di Domenica? Ha ancora un valore l’orario di chiusura infrasettimanale e serale, in un paese dove è palpabile una lenta agonia esistenziale e un vuoto stradale preoccupante ? Ha ancora un senso la insana gelosia di mestiere, quando la gran parte del pil montecalvese viene consumato nei super-ipermercati di Ariano Irpino e Mirabella, o quando per quella atavica smania esterofona, si continua a considerare meglio ciò che è foresto? E poi, manca una certa affabilità, quella giusta percentuale di cortesia  e di gentilezza che va profusa sempre e comunque ad ogni cliente, anche se è un parente strettissimo,recuperando quella complicità e fiducia col negoziante, fenomeno in evidenza nelle grandi città,dove la gente ha ripreso ad andare dal pizzicagnolo sotto casa o dal fruttarolo di quartiere. E’ inconcepibile che un paese fondamentalmente agricolo, non ha ancora predisposto uno spazio coperto per i coltivatori diretti, dove poter acquistare (giornalmente) i sani prodotti della terra, favorendo ed integrando la microeconomia di tante aziende agricole. Per concludere una amarezza conclusiva, dopo anni di promozione nazionale ed internazionale del buon Pane di Montecalvo,a parte i tanti progetti e le iniziative,non si è trovato il tempo (sigh!) o il denaro, per scrivere sulla cartellonistica stradale “Montecalvo Irpino- Città del Pane”, a volte basta poco, evidentemente non abbiamo compreso nemmeno quello.

 

Montecalvo Maggio 2007

Antonio Stiscia