di Stefania Longo
Ecco la domanda
che se mi faceva quasi ogni giorno per gli
ultimi due anni. All'inizio di questa ricerca
non sapevo veramente cosa rispondere e, di
solito, la mia risposta era "Perché voglio
studiarla". Poi le domande hanno cominciato a
richiedere risposte più dettagliate.... "Sig.na
Longo, con tutti gli altri campi dell'italianistica
e tutte le altre zone dell'Italia più meritevoli
di uno studio, perché scegliere di fare
un'analisi sulla letteratura proveniente dall'Irpinia?"
Ovviamente dovevo lottare per il tema che ho
scelto di analizzare molti mesi prima della vera
presentazione della mia ricerca. Il punto di partenza di questa ricerca si trova negli eventi del terremoto del 1980 come sono presentati nel racconto “Terra” di Tina Rigione. Si vede che l’Irpinia “contadinesca” è sparita il giorno del 23 novembre 1980; il crollo degli edifici serve come simbolo che il vecchio mondo irpino non esiste più. Una scelta vitale si è presentata, allora, agli Irpini: cambiare col tempo o rimanere nel passato. Tina Rigione ci mostra in “Terra” che gli Irpini hanno scelto di andare avanti col tempo dopo il terremoto. L’Irpinia che Rigione ci mostra è un’Irpinia che è come qualsiasi altro comune mondiale: ci sono problemi in Irpinia come ce ne sono dappertutto; ci sono istanti d’abuso, di difficoltà finanziari e di crimini in quest’Irpinia moderna come ce n’erano nella vecchia Irpinia ma la differenza fra la vecchia e la nuova Irpinia è che questi istanti non sono più nascosti. L’atto di rendere evidenti questi istanti è un buon passo verso la modernizzazione della zona—l’Irpinia non è un’utopia nel quale niente di terribile succede; invece in quest’aspetto è una terra come qualsiasi altra terra mondiale, ovviamente con delle bellezze da scoprire.
Se il racconto
“Terra” di Tina Rigione ci mostra l’inizio, o il
passato, della modernizzazione dell’Irpinia;
Emilia Bersabea Cirillo ne Il pane e
l’argilla ci mostra la situazione presente
della modernizzazione della zona. Il libro
stesso è una serie di riflessioni dell’autrice
dopo aver girovagato nei vari comuni dell’Irpinia;
coi suoi viaggi in Irpinia, Cirillo vede
chiaramente com’è cambiata la vita irpina dopo
il terremoto. L’Irpinia che Cirillo vede è vuota
di gente perché tutti vogliono andarsene per
trovare lavoro invece di rimanere. Cirillo
capisce che la vera identità dell’Irpinia, o il
suo “nucleo”, si trova nell’identità
contadinesca della zona. L’Irpinia non può mai
separarsi dalla sua eredità, deve usarla per
farsi sviluppare. Ogni angolo dell’Irpinia è
ricco di tradizioni contadinesche e si deve
capire questo per cominciare a modernizzare la
zona. Cirillo ci invita a renderci conto che l’Irpinia
non è più la zona del terremoto come se la vede
negli stereotipi americani della zona; è altro.
L’Irpinia non merita essere dimenticata; ha un
futuro che sarà pieno di belle cose perché ora
le persone lì capiscono il bisogno inerente di
modernizzare la zona e darla una via allo
sviluppo. Ma è importante ricordarsi che la cultura irpina ha già molti propugnatori come Tina Rigione (che è anche Presidente dell’Associazione Culturale “Per Caso Sulla Piazzetta” ad Avellino), Emilia Bersabea Cirillo e Giuliana Caputo ed anche Alfonso Caccese ed Angelo Siciliano che hanno pianificato questa conferenza sull’“irpinistica” (studi irpini). C’è un vero bisogno di mostrare tutte le bellezze culturali, letterari e storie della valle verde, soprattutto qua in America. Per darvi un esempio, pochi giorni fa ho visto un’emissione televisiva chiamata “Visioni dell’Italia del Sud” nella quale hanno profilato ogni zona considerata importante del Mezzogiorno. C’erano, ovviamente, Napoli, la Costiera Amalfitana, Reggio di Calabria, ecc ma non c’erano l’Irpinia, la Basilicata o la Puglia. Perché? Forse perché non fanno parte del Mezzogiorno vista dagli occhi americani che lo vedono come il mondo del mare, delle isole, de “La Dolce Vita”. Le zone contadinesche servono come ricordo del passato degli Italoamericani, un passato che molti di loro vogliono dimenticare. Non posso nascondervi la mia irritazione con quest’emissione perché non hanno detto niente del fatto che la maggioranza degli italoamericani può rintracciare le loro origini al Sud d’Italia. Come si può capire il proprio passato senza voler prendere il tempo per studiare la zona d’origine dei propri avi? Questa mia ricerca serve anche a mostrare agli Italoamericani che le vecchie zone intere dell’Italia meritano uno studio. È la mia speranza vedere un giorno studi sulla letteratura dell’Irpinia, la Basilicata, la Calabria o altre zone del Sud. Per meglio promuovere questo mio desiderio, ho aggiunto alla versione finale della tesi un’appendice di poesie e dipinti irpini che non si trova nella versione presentata all’Università di Scranton da dove ho ricevuto la mia laurea in italianistica. Le poesie includono anche una di Angelo Siciliano preso da Lo zio d’America chiamato “Li tirramuti” per meglio mostrare che è importante conservare i dialetti irpini perché essi fanno anche parte della cultura irpina. Siciliano ci mostra che i dialetti irpini devono essere conservati perché si trova in loro la matrice della cultura e del passato dell’Irpinia. È anche importante menzionare qui che molti Italoamericani che non sanno leggere italiano possono leggere i dialetti dei loro avi; così le poesie di Siciliano possono dare agli Italoamericani di origine irpina la possibilità di imparare della loro eredità. In seguito alle idee trovate in Lezione d’amore di Giuliana Caputo ho aggiunto “Il mio paese” di Marina Troiano, una giovane studentessa di Guardia dei Lombardi che ha scritto questa poesia per un’iniziativa chiamata “Il mio paese” di “Altirpinia” che è stata sviluppata per dare ai giovani l’opportunità di scoprire e di celebrare le bellezze dei loro comuni d’origine. La poesia di Troiano ci mostra chiaramente che i giovani irpini sono veramente orgogliosi di essere nati nei loro comuni rispettivi e che, con iniziative come quella di “Altirpinia” che insegnano loro del passato della loro zona, i giovani irpini sapranno aggiungere alla crescita culturale che sarà il vero futuro della valle..
Allora, per
rispondere alla domanda “Perché studiare l’Irpinia?”
io direi che è necessario studiare l’Irpinia
perché è una terra che è ricca di storia, di
tradizioni e di letteratura che meritano essere
scoperte non solo in Italia ed in America ma
anche attraverso il mondo. È vero che quando un
Americano pensa dell’Italia, la sua mente vola
verso luoghi come Napoli, Firenze, Milano o,
certamente, Roma ma l’Italia non sarebbe
l’Italia senza luoghi come l’Irpinia. Forse l’Irpinia
non è un centro industriale ma è un centro
tradizionale. Gli Irpini sanno che la
modernizzazione della loro zona deve includere
la conservazione del loro passato e delle loro
tradizioni; una lezione che loro dovrebbero
insegnare agli Americani che buttano giù gli
edifici se hanno più di 30 anni e che non
leggeranno mai un libro se non è al momento un
Best-Seller del New York Times. Gli Irpini di
oggi sanno che il loro passato è il suo vero e
proprio tesoro ma non vogliono tenerlo nascosto
per l’eternità; vogliono condividerlo col mondo
intero per mostrare che, nelle parole di Elio
Guerriero, lo scrittore de Gli occhi del
lupo, “anche i contadini hanno una dignità”
o in altre parole “anche i contadini hanno un
orgoglio e meritano rispetto”. Allora ai miei
critici, rispondo “Studio l’Irpinia perché
voglio imparare delle tradizioni della vecchia
Italia che sono ancora mantenute in questa
bellissima zona che ha completamente dato un
nuovo significato alla parola ‘moderna’ e queste
tradizioni sono presentate nella letteratura che
viene da quella zona”. L’Irpinia moderna è
basata sul suo passato e questo passato non può
che abbellire il suo futuro.
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